Il Rapporto Ocse sulle performance ambientali dell’Italia presentato ieri a Roma evidenzia le tendenze ambientali del nostro paese, fornendo anche una serie di raccomandazioni. Dai gas serra, alle risorse idriche, dai rifiuti alle eree protette ai rischi connessi al territorio.
Le emissioni atmosferiche di sostanze inquinanti sono diminuite in Italia più che nella maggior parte degli altri Paesi OCSE. Tuttavia, oltre metà delle 30 città europee più inquinate si trovano in Italia.
Nel 2010 le emissioni di gas a effetto serra (GHG) sono state inferiori del 6,2% rispetto al livello del 1990, a fronte dell’obiettivo del protocollo di Kyoto di ridurre le emissioni del 6,5% nel periodo 2008-2012; questa riduzione comprende gli assorbimenti di GHG da parte delle foreste e il repentino calo delle emissioni dovuto alla crisi economica.
Nonostante le notevoli carenze di dati sul prelievo idrico interno, l’Italia, con un prelievo pari a circa il 30% delle risorse idriche rinnovabili disponibili, può essere classificato come un paese soggetto a stress idrico medio – alto. Nel complesso, la qualità delle risorse idriche si è mantenuta stabile e la qualità delle acque dei fiumi è migliorata. Durante il periodo preso in esame la concentrazione di fosforo e di nitrati nei principali fiumi italiani è diminuita in seguito a una riduzione dell’intensità della produzione agricola. Le medie nazionali, tuttavia, nascondono notevoli disparità tra le regioni, e il Mezzogiorno ha fatto registrare performance inferiori al Nord del Paese.
La percentuale di rifiuti urbani conferiti in discarica è diminuita e sono stati realizzati notevoli passi avanti nella gestione e nella riduzione del numero delle discariche, comprese quelle illegali. Permangono, tuttavia, significative differenze a livello regionale e alcune area presentano situazioni di criticità (soprattutto in Campania, Lazio e Sicilia). Contrariamente a quanto avviene in molti altri Paesi dell’OCSE, la produzione di rifiuti urbani è aumentata più rapidamente del PIL e dei consumi finali delle famiglie, almeno fino alla crisi economica del 2008.
I siti contaminati ufficialmente censiti sono circa 5.000. Questi comprendono 57 siti contaminati di interesse nazionale , che coprono circa il 3% del territorio italiano. Inoltre, 10.000 siti potenzialmente contaminati ricadono sotto la responsabilità delle regioni.
Le aree protette coprono circa il 10,5% del territorio nazionale, una percentuale vicina alla media OCSE, e le aree marine protette sono state notevolmente ampliate. La rete Natura 2000 copre il 21% del territorio nazionale, una percentuale più elevata rispetto alla media UE (con una copertura relativamente maggiore nel Mezzogiorno). Mentre il numero di specie di piante vascolari a rischio di estinzione è relativamente limitato in Italia rispetto ad altri paesi OCSE, quello delle specie minacciate di mammiferi, pesci d’acqua dolce e anfibi è maggiore che in molti altri Paesi OCSE.
Il rischio di erosione è preoccupante, con il 30% di terreni agricoli classificato come soggetto a rischio di erosione idrica da moderato a forte. Siccità e forti piogge contribuisco ad aggravare il fenomeno. Come le cronache hanno ampiamente dimostrato, l’Italia è soggetta a vari rischi naturali: terremoti, alluvioni, frane e incendi. La pianificazione territoriale e la vigilanza sull’attività edilizia restano insufficienti e contribuiscono ad aggravare i rischi incorsi dalla popolazione e i costi associati.
Per superare tali sfide, il Rapporto dell’OCSE raccomanda che l’Italia rafforzi l’applicazione delle normative ambientali e migliori la coerenza della governance e delle politiche, realizzando a pieno le sinergie tra obiettivi economici, ambientali e sociali a livello nazionale. A tutt’oggi, la cooperazione e il coordinamento tra autorità nazionali e regionali restano insufficienti; le varie regioni adottano approcci variegati, e spesso incoerenti tra loro, in materia di gestione delle acque e dei rifiuti, di cambiamento climatico e di promozione della conformità alle norme ambientali. Ciò aggrava le disparità tra il nord e il sud del Paese nel raggiungimento di obiettivi di qualità ambientale. Per esempio, sebbene al sud le aree naturali protette coprano una porzione di territorio maggiore che al nord, la quota di rifiuti urbani smaltiti in discarica senza alcun trattamento e l’inquinamento dei fiumi da fosforo e nitrati restano più elevati nelle regioni meridionali.
Nell’insieme, secondo l’’OCSE l’Italia dovrebbe elaborare una strategia per la crescita verde che abbia ricadute positive sull’ambiente e sull’economia. Alcune misure adottate negli ultimi anni vanno in questa direzione, come l’aumento delle imposte sui carburanti (già tra le più alte in Europa), gli incentivi per l’uso efficiente dell’energia, e i provvedimenti per la liberalizzazione dei mercati dei servizi ambientali, energetici e dei trasporti. Ulteriori misure, come una carbon tax e la riduzione dei sussidi agli autotrasportatori, potrebbero contribuire a ridurre le emissioni di CO2 e a liberare fondi pubblici utili per ridurre le imposte su lavoro e imprese e stimolare la ripresa economica.
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