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2 febbraio, giornata mondiale delle zone umide

2 febbraio, giornata mondiale delle zone umide
2 febbraio, giornata mondiale delle zone umide

In occasione del 2 febbraio 2016, Giornata Mondiale delle Zone Umide secondo la Convenzione di Ramsar (2 febbraio 1971) che ha sancito la tutela di queste aree particolarmente importanti per la conservazione della biodiversità sul Pianeta, ma altrettanto fragili e delicate, Legambiente organizza iniziative informative e di sensibilizzazione che si svolgeranno in tante regioni fino a domenica 13 febbraio.

Dalle escursioni lungo le sponde del lago Fusaro (Bacoli, Napoli) a “caccia” di crostacei e molluschi fossili in compagnia di esperti di botanica e zoologia e ornitologi che illustreranno le specie di uccelli in sosta nella zona dei Campi Flegrei, alle attività didattiche per i bambini presso il lago di Porta (Massa Carrara), alla passeggiata naturalistica lungo il fiume Maglie e il lago Pietra del Pertusillo (Potenza) dove ammirare anche le rovine dell’antica città romana di Grumentum, fino alla visita guidata nella bellissima Riserva Naturale Orientata Laghetti di Marinello (Patti, Messina) o al trekking nell’area dei pantani Longarini, tra Ispica e Pachino (Sicilia sud orientale). Sempre in Sicilia, a Palermo, si terrà anche un incontro pubblico sulle aree naturali protette dal titolo “La tutela dell’ambiente per una Sicilia più verde e più bella”. In Calabria l’appuntamento è presso il Parco Nazionale della Sila per una ciaspolata intorno all’Oasi naturalistica dell’Ariamacina per osservare aironi e germani, mentre in Veneto oltre all’attività di birdwatching nell’area di fitodepurazione di Ca’ di Mezzo (Codevigo, Padova) si realizzerà anche un laboratorio di maschere per i bambini. Visite guidate all’osservazione dell’avifauna si svolgeranno anche nelle Marche, nella Riserva naturale Regionale della Sentina (San benedetto del Tronto), nel Parco nazionale del Circeo (Latina), in Sardegna, nella laguna di Santa Gilla (Cagliari) e alla foce del Rio Posada (Nuoro), e in Puglia, presso la zona umida della Salina di Margherita di Savoia (Barletta), la salina marittima più grande d’Italia.

Sono ben 53 distribuite in 15 regioni in Italia le zone umide, secondo l’elenco stilato dal ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare: habitat particolari ricchi di flora e fauna, in grado di contribuire alla mitigazione dei cambiamenti climatici in quanto regolatrici del regime delle acque.
“Si tratta di habitat fondamentali per la conservazione della biodiversità terrestre, eppure sono tra gli ecosistemi più a rischio del pianeta – dichiara il responsabile Aree protette di Legambiente Antonio Nicoletti -. La pressione antropica e il riscaldamento globale infatti ne mettono sempre più a rischio gli equilibri delicati e complessi e nell’ultimo secolo oltre il 64% delle zone umide sono scomparse. Addirittura, secondo dati ISPRA, il tasso di declino e perdita di alcune popolazioni di specie legate agli ecosistemi acquatici è quadruplicato dal 2000 a oggi. Per questo è necessario sollecitare l’attenzione delle istituzioni e dei cittadini affinché siano avviate le necessarie azioni di tutela. Nel nostro Paese mancano ancora le idonee sinergie fra le Direttive Quadro sulle Acque, Habitat e Uccelli e le aree marino-costiere con la Direttiva Quadro sulla Strategia per l’ambiente marino. L’integrazione dei loro strumenti permetterebbe di ottimizzare le risorse e i tempi per attuare azioni di tutela e di monitoraggio della biodiversità”.
“Le nostre iniziative coinvolgono anche quelle zone umide considerate minori e spesso non riconosciute con lo status previsto dalla Convenzione – ha aggiunto Nicoletti -. Si tratta di aree acquitrinose, paludi, torbiere oppure zone naturali o artificiali d’acqua, permanenti o transitorie, poco conosciute dai cittadini e molto spesso non tutelate dalle istituzioni, ma che possono svolgere un ruolo di primo piano nelle strategie per frenare la perdita di biodiversità e porre un freno agli effetti dei cambiamenti climatici”.
Le specie viventi nelle acque interne che sostengono processi vitali e produttivi, infatti, forniscono una serie numerosissima e varia di servizi ecosistemici. La perdita di questi servizi, in particolare di quelli relativi ai processi depurativi, produttivi, alla regolazione dei fenomeni idrogeologici e alla fissazione del carbonio presente nella biosfera, potrebbe determinare impatti preoccupanti sui processi produttivi e sulla qualità della vita dell‘uomo.

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