Un metodo biotecnologico per limitare la riproduzione della zanzara tigre e abbattere le sue capacità di trasmettere virus tropicali. E’ stato sviluppato da Enea grazie all’introduzione nella zanzara in laboratorio di ceppi specifici del batterio Wolbachia, innocuo per l’uomo e comunemente presente in gran parte degli insetti. Le femmine hanno manifestato un azzeramento della trasmissione del virus Zika e una riduzione a meno del 5% di quella dei virus di Dengue e Chikungunya, mentre i maschi sono stati in grado di rendere sterili le femmine selvatiche della specie dopo l’accoppiamento, compromettendone la possibilità di riprodursi.
Sperimentato in condizioni controllate contro popolazioni di zanzara tigre sia italiane che tropicali, il metodo biotecnologico dell’ENEA è volto a prevenire il rischio di epidemie associate a questi virus ed è stato testato nell’ambito del progetto europeo INFRAVEC 2 grazie alla collaborazione con il dipartimento di virologia dell’Istituto Pasteur di Parigi. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PLoS Neglected Tropical Diseases.
“La zanzara tigre, specie di origine asiatica segnalata per la prima volta in Italia nel 1990, è un vettore di diversi virus patogeni per l’uomo e la sua presenza nelle regioni mediterranee ci espone al rischio di trasmissione, come confermano le epidemie di Chikungunya in Emilia Romagna nel 2007, con oltre 200 casi di infezione nell’uomo, a cui solo l’anno scorso si sono aggiunti altri 300 casi tra Lazio e Calabria”, sottolinea il ricercatore ENEA Maurizio Calvitti della divisione “Biotecnologie e Agroindustria”. La malattia Chikungunya, che in lingua swahili significa “ciò che curva” o “contorce”, si manifesta dopo un periodo di incubazione di 2-12 giorni, con febbre e dolori articolari e muscolari spesso debilitanti e tali da limitare i movimenti dei pazienti, mal di testa, affaticamento e rash cutaneo che possono anche prolungarsi per alcune settimane.
“Il metodo non si basa su modificazioni genetiche ma sulla manipolazione della naturale flora batterica dell’apparato riproduttivo degli insetti, utilizzando ceppi batterici già comunemente diffusi nell’ambiente e assolutamente innocui per l’uomo. In pratica, attraverso la somministrazione di un antibiotico, il batterio Wolbachia viene rimosso dalle cellule del tessuto riproduttivo della zanzara tigre e viene sostituito, tramite microiniezione embrionale, da varianti diverse dello stesso batterio prelevate, nel nostro caso, dalla zanzara comune e dal moscerino della frutta”, spiega il ricercatore ENEA Riccardo Moretti.
“La prima variante del batterio Wolbachia rende i maschi in grado di sterilizzare le femmine selvatiche con cui si accoppiano, mentre è la seconda variante che interferisce sulla trasmissione dei virus”, aggiunge Moretti. “I metodi di controllo delle zanzare basati sul rilascio di maschi sterili sono un’alternativa agli insetticidi altamente specifica ed ecocompatibile e quindi sfruttabile in sicurezza anche nei centri urbani. L’uso intensivo di pesticidi può infatti avere un impatto negativo sull’ambiente e sugli organismi viventi oltre a dar luogo a fenomeni di sviluppo di resistenza da parte delle zanzare difficili da gestire”, sottolinea Elena Lampazzi membro dello stesso team di ricerca ENEA. “Grazie a questo metodo biotecnologico il fattore di sterilità è ereditato da tutti i figli di una zanzara femmina che ne è portatrice. Inoltre, rispetto alla tecnica dell’insetto sterile tradizionale basata sull’irraggiamento con raggi γ o x, questo batterio ci ha consentito di ottenere, a costi e tempi di intervento inferiori, esemplari maschi più efficienti nell’indurre sterilità nelle femmine selvatiche”, conclude Calvitti.
Pur non essendo ancora utilizzato in Europa, l’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) ha classificato il metodo ENEA come biocida – assimilato cioè a sostanze, miscele o metodi utilizzati per il controllo di organismi nocivi – mentre il Ministero della Salute italiano ha dato il via libera alla sperimentazione in campo su aree controllate.