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Oltre 7.800 le aziende italiane che saranno tenute a produrre un Report di sostenibilità dal 2025

Dal 2024 aumenterà gradualmente la platea di imprese che dovranno rendicontare l’impatto ambientale, sociale ed economico utilizzando criteri uniformi a livello europeo.

Restano per il momento escluse dall’obbligo le piccole e medie imprese non quotate e non appartenenti a gruppi, ma l’esperienza degli ultimi anni ha insegnato che tutte le organizzazioni che hanno scelto di dotarsi di un documento che attesti la propria sostenibilità ne hanno tratto dei benefici da diversi punti di vista.

Le tematiche sono state affrontate nel corso del convegno promosso da Federmanager e dagli Ordini degli Ingegneri di Bologna, Ferrara e Ravenna Rendicontazione di sostenibilità di imprese, Amministrazioni pubbliche e territori: esperienze a confronto e opportunità derivanti dai nuovi obblighi informativi” che si è svolto on line nel pomeriggio di martedì 14 novembre alla presenza di circa 330 partecipanti.

“La rendicontazione di sostenibilità e gli Obiettivi dell’Agenda 2030 stanno diventando parte integrante delle strategie della governance di imprese, enti e amministrazioni – spiegano Sara Cirone e Roberto Pettinari, Commissione Sostenibilità di Federmanager Bologna-Ferrara-Ravenna e moderatori del convegno –. I motivi sono molteplici, a partire dai vantaggi derivanti dal rendere l’organizzazione più trasparente.”

“Anche quando il bilancio di sostenibilità non è obbligatorio, redigerlo è comunque un elemento di differenziazione, alla luce della crescente attenzione al cosiddetto rating ESG, (Environment, Social e Governance). Su questi nuovi indicatori, infatti, le filiere economiche vengono sempre maggiormente misurate, al di là dei soli aspetti finanziari, per verificarne, valutarne e sostenerne l’impegno in termini di sostenibilità di una impresa o di una organizzazione.”

Lo scenario

Nell’Unione Europea, quindi anche in Italia, la Direttiva sulla divulgazione delle informazioni non finanziarie (NFRD) impone per ora solo alle grandi imprese di interesse pubblico con più di 500 dipendenti– società quotate, banche e assicurazioni – di includere nel loro bilancio un report di sostenibilità.

La nuova direttiva europea CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), pubblicata a fine 2022 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, prevede l’applicazione obbligatoria a partire dall’esercizio 2024 per gli Enti di Interesse Pubblico (EIP) obbligati alla NFRD, ovvero con più di 500 dipendenti in media occupati, a partire dall’esercizio 2025 per altre imprese di grandi dimensioni che non siano EIP che eccedano almeno due dei seguenti parametri tra 250 dipendenti in media occupati, 20 milioni di euro di attivo e 40 milioni di euro di fatturato e a partire dall’esercizio 2026 per le PMI quotate europee con relativa deroga per due anni se giustificata nella relazione sulla gestione.

Infine, l’applicazione sarà obbligatoria dal 2028 per le filiali di imprese extra UE che ricadono nell’ambito CSRD e volontaria per le PMI europee non quotate.

Reporting di sostenibilità occasione imperdibile

Quante imprese sono pronte a raccogliere questa sfida normativa? L’impatto per l’Italia nel 2025 sarà sensibile: le aziende che saranno tenute a produrre un Report di sostenibilità si stimano in oltre 7.800. Di queste, circa mille in Emilia Romagna e in Veneto, quasi 3mila in Lombardia. Industria e commercio i settori più coinvolti. I dati sono contenuti nella ricerca inedita pubblicata dal Gruppo di ricerca “PMI e sviluppo sostenibile” del GBS, Gruppo Bilanci e Sostenibilità, in collaborazione con il CNDCEC, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, sull’impatto della CSRD sulle imprese italiane.

Per Andrea Venturelli, Professore Associato di Economia Aziendale Università del Salento e Presidente GBS “l’adozione di standard per il reporting di sostenibilità rappresenta un’occasione imperdibile per introdurre in azienda quel processo di cambiamento organizzativo collegato non soltanto ad aspetti di reporting, ma soprattutto ad aspetti più propriamente riconducibili alla strategia, alla governance ed alla gestione aziendale.”

“Non v’è dubbio, infatti – prosegue – che uno degli aspetti che contribuirà a dare maggiore efficacia alla diffusione del report di sostenibilità nel nostro Paese, oltre ad un allargamento dell’ambito di applicazione, ovvero del numero delle imprese soggette alla nuova CSRD, sarà l’avvio di un processo di standardizzazione delle informazioni di sostenibilità a livello europeo che costituisce una vera e propria rivoluzione copernicana soprattutto per quelle imprese che non hanno ancora intrapreso volontariamente un percorso di orientamento in tema di sostenibilità.”

I punti di forza

Andrea Ragazzini, Sustainability & ESG Advisor, Founder Sara Cirone Group Società Benefit, ha illustrato i punti di forza di uno strumento che si configura a supporto della Governance.

“Il Report Integrato è uno strumento utilizzato da imprese private, enti pubblici ed enti del terzo settore per mettere in luce la propria capacità di creare impatti positivi, e quindi valore, per sé stessi e per i propri stakeholder. Il poter rappresentare la propria strategia, unitamente al modello di gestione e di business, nonché alle metriche utili a misurare gli impatti prodotti, porta a valorizzare l’organizzazione nel suo complesso e le persone che operano al suo interno, ad aumentare il coinvolgimento degli stakeholder, nonché a migliorare la capacità dell’organizzazione di gestire in modo efficace i rischi e di cogliere nuove opportunità. Un modello di reporting, quindi, che si traduce in una guida alla gestione integrata delle risorse dell’organizzazione.”

Le associazioni e il report di sostenibilità

Dopo l’introduzione degli esperti, la parola a organizzazioni e imprese che si stanno già dotando di strumenti di rendicontazione di sostenibilità, anche se non tenute a farlo a norma di legge.

Andrea Molza, Vice Presidente Vicario Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna e Presidente uscente dell’associazione dei manager, ha parlato dell’esperienza del Report Integrato di un Ente sindacale: l’associazione si è infatti dotata di questo strumento, tra le prime, con riferimento all’anno 2022.

“Do con molto piacere il mio contributo su un argomento di cui si sta già parlando molto e di cui si parlerà ancora a lungo. Sostenibilità come obiettivo e cornice organizzativa di una attività che non può più vedere il risultato economico (spesso di breve) come il fine unico. L’analisi oggettiva della realtà organizzativa fatta di processi, procedure e persone, la sua adeguatezza al contesto è a mio avviso l’altro elemento centrale. Con questo spirito a fine del mio lungo mandato ho voluto far verificare il dove eravamo con l’obiettivo di evidenziare le aree di miglioramento e le potenziali prospettive, questo per far capire, a chi mi avrebbe sostituito e prima di iniziare, le priorità. Il risultato è stato apprezzato nella sua veridicità e l’insegnamento da trarre è che le persone che lavorano con noi e quelle a cui porgiamo il nostro supporto richiedono attenzione e dedizione costante”.

Buone pratiche aziendali e Società Benefit

Isabella Cristina, Fondazione Capellino, è intervenuta su “La relazione d’impatto di Almo Nature S.p.A. Società Benefit”. Fondazione Capellino è un ente commerciale senza scopo di lucro che ha come finalità la salvaguardia della biosfera e in particolare della biodiversità. Si finanzia con il 100% dei ricavi – dedotti costi e tasse – maturati da Almo Nature, azienda di alimenti per cani e gatti, interamente di sua proprietà.

“La nuova Direttiva europea CSRD sulla rendicontazione di sostenibilità si intreccia in modo particolarmente interessante con la normativa italiana dedicata alle Società Benefit. Questo tipo di impresa che, ricordiamo, prende un impegno formale sancito nello Statuto per la creazione di un beneficio comune, infatti è già obbligata per legge a produrre una relazione annuale sul proprio impatto di sostenibilità.”

“La sfida oggi, per tutte le Società Benefit coinvolte nel perimetro della CSRD, è quella di integrare le due richieste, quella europea e quella nazionale, in un unico documento “a doppia compliance”, capace di rappresentare in modo completo e trasparente la capacità dell’impresa di creare valore per tutti gli stakeholder nel breve, medio e lungo periodo.”

Dal Bilancio Sociale all’informativa unica per esprimere la capacità di creare valore

Daniele Damele, Presidente FASI, ha portato l’esperienza del fondo di assistenza sanitaria integrativa a gestione paritetica tra Confindustria e Federmanager per un futuro sostenibile.

“Il Fasi si è avvicinato per la prima volta ai temi della sostenibilità nel 2012, attraverso la pubblicazione del primo Bilancio Sociale del Fondo. Da allora il Fasi ha pubblicato annualmente il Bilancio Sociale, senza soluzione di continuità, arrivando poi nel 2020 a proporre un’Informativa unica al cui interno sono presenti le informazioni economico gestionali, finanziarie e non finanziarie, volta a raffigurare appieno il valore della tutela Fasi. L’ambizioso obiettivo è stato perseguito allo scopo di rappresentare l’insieme dei fattori che determinano la capacità del Fondo di creare valore, come risultato dell’impegno profuso dall’organizzazione per individuare soluzioni che rispondano ai bisogni degli stakeholder, primo fra tutti la garanzia di sostenibilità attuariale del Fondo nel medio lungo periodo.”

Comune di Bologna, il report integrato è ormai pratica consolidata

Ha chiuso la giornata di approfondimento l’intervento di Mariagrazia Bonzagni, Direttrice Area Programmazione e Statistica presso il Comune di Bologna, amministrazione che ha da poco pubblicato il suo terzo report.

“Il Comune è l’ente pubblico di prossimità che ha la finalità di garantire sviluppo e benessere alla propria comunità. L’Accountability nei confronti dei principali stakeholder è, quindi, molto più rilevante che per qualunque altra organizzazione. Eppure i comuni non hanno l’obbligo di rendicontazione non finanziaria o di redigere un bilancio di sostenibilità: gli strumenti previsti dalla legge per “render conto” hanno carattere formale, sono totalmente incoerenti rispetto alla missione degli enti e privi di capacità comunicativa. Il Report Integrato, fin dalla prima edizione del 2020, è stato per noi lo strumento per raccontare come, attraverso i nostri Capitali, in particolare quel Capitale Umano, perno dei servizi pubblici e contemporaneamente oggetto di vere e proprie campagne denigratorie negli ultimi decenni, sia possibile produrre Valore Pubblico per il territorio e la comunità.”

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