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Intervista a Carlo Buontempo, Direttore Servizio Cambiamento Climatico di Copernicus

Stato europeo del clima 2023. Nell’anno appena trascorso gli impatti dei cambiamenti climatici hanno continuato a manifestarsi in tutta Europa, con milioni di persone colpite da eventi meteorologici estremi, rendendo prioritario lo sviluppo di misure di mitigazione e adattamento.

Il Servizio Copernico per i Cambiamenti Climatici (C3S), insieme all’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), ha pubblicato il rapporto sullo Stato Europeo del Clima 2023 (ESOTC 2023).

I principali risultati hanno evidenziato che il 2023 è stato l’anno più caldo o il secondo più caldo mai registrato, a seconda del set di dati. Le temperature in Europa sono state superiori alla media per 11 mesi all’anno, compreso il settembre più caldo mai registrato. Si sono registrati un numero record di giorni con “stress da caldo estremo” e una tendenza all’aumento del numero di giorni con almeno “forte stress da caldo” in tutta Europa.

La mortalità legata al caldo è aumentata di circa il 30% negli ultimi 20 anni e si stima che i decessi legati al caldo siano aumentati nel 94% delle regioni europee monitorate.

Abbiamo incontrato Carlo Buontempo, direttore del Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

I record climatici si susseguono l ‘uno dopo l ‘altro.  Quali sono le cause principali?

La  cosa  interessante  del  sistema  climatico è  che è un  sistema complesso che  risponde  a  molti  forcing  diversi,  dalle variazioni  dell’orbita solare,  ai vulcani, agli aerosol sospesi e  così  via.  Dopodiché,  in grandissima  misura,  gli eccessi  di  temperatura e gli  altri  estremi climatici  a cui abbiamo  assistito  negli ultimi mesi sono  attribuibili all’aumento della concentrazione dei  gas  a effetto serra.

Sappiamo  che la  concentrazione dei  gas serra  in atmosfera sta  aumentando nei  decenni, diciamo  negli ultimi due secoli e questo ha introdotto molta più energia, che vi è rimasta intrappolata,  nel sistema climatico. Questo  ha  inevitabilmente portato ad un aumento delle temperature  e poi  ha  avuto  tutta  una serie  di  altre  ripercussioni sul  livello  del  mare, sui ghiacciai,  sulla banchisa e via dicendo.

L’aumento di concentrazione di gas serra è dovuto ad attività  umane o anche  ad  altre  cause?

Essenzialmente mi riferisco all’aumento  di  gas serra dovuto  alle attività umane.  Anche se non è l’unico meccanismo.  Come dicevo è un sistema complesso che risponde a tantissimi stimoli. Però  il  più  importante  di  gran  lunga è  l ‘aumento  di  gas serra. Altrettanto importante, anche se in misura minore, è la diminuzione del particolato sottile in atmosfera e il  cambio della gestione della  superficie  terrestre, come la  rimozione di  foreste, l’allevamento. Ho citato i processi forse più importanti,  però  di  tutti  questi  il più  importante  in  assoluto  è l ‘aumento  della produzione di gas serra  per  effetto  del  sistema  di combustione.

Quali sono  gli impatti ipotizzabili  sulle  attività  umane?

Per chi vuole approfondire la cosa migliore è leggere l’ultimo rapporto IPCC, anche solo il Summary per Policymakers. Soprattutto le risultanze del secondo gruppo di lavoro, il Group 2, si focalizzano sugli impatti. A grandi  linee sappiamo  che  l’aumento della temperatura vuol dire una serie di  cose  per  il  sistema  climatico  in quanto tale. Come dicevamo prima, l’aumento del livello del mare, stiamo parlando di alcuni millimetri all’anno che anno dopo anno comportano l’arrivo di impatti importanti  sulle comunità costiere, sulle terre emerse, sulle foci dei fiumi,  vuol dire la perdita di ghiaccio con  i ghiacciai, chiunque  vada in montagna vede benissimo  che i ghiacciai di oggi hanno poco a vedere con  i ghiacciai anche soltanto di 20-30 anni fa. E ancora meno con quelli del secolo precedente. Vuol dire perdita di ghiaccio polare, l’Artico è una delle zone che si riscalda più velocemente  dell’intero pianeta  e in  parte a causa di questo vediamo una grande perdita della banchisa polare. Questi grandi cambiamenti cambiano anche l’intensità delle precipitazioni, ondate di calore e siccità.

Per cui  se guardiamo ad esempio nel Mediterraneo, seguendo questo schema, vediamo che andiamo in una direzione nella quale le temperature,  specialmente estive, saranno più alte, la  quantità  di acqua raccolta sulle montagne durante il periodo invernale in forma di neve e di ghiaccio sarà più bassa, l’evaporazione sarà più alta, si  va  verso  una situazione più arida a livello di bacino, aumenterà la salinità del mare. Stiamo parlando di grandi cambiamenti che avranno impatti sulla biodiversità e su molte nostra attività.

E’ quasi  più  facile pensare a quali sono i  settori dove non  vediamo  l’impatto dei cambiamenti climatici.

Tutte le  nostre attività, dall’agricoltura, il modo  in  cui  generiamo  l’energia, dal turismo, ai trasporti, dalle assicurazioni alla finanza,  tutti  questi  settori sono colpiti in un modo più o meno diretto dai cambiamenti climatici.

Quali  ritiene  siano gli interventi più urgenti  per fronteggiare l ‘emergenza climatica a livello  globale? Tenendo presente un duplice  aspetto: da un lato contenere  il  riscaldamento  globale, dall’altro come  reagire  in presenza  di  riscaldamento  globale.

E’ proprio così. In un qualche modo posso  prendere  la  posizione  facile  che  è  quella  dello scienziato, perché  da  un  punto di  vista  scientifico,  se sappiamo  come  sappiamo  che  la  maggior  parte  del  riscaldamento è dovuta  all’aumento dei  gas serra, a questo punto è anche facile individuare il  modo  per  limitare questo processo, cioè se vogliamo che  smetta di accumularsi questa  energia o ridurre la produzione di  questa  energia  extra  nel  sistema dobbiamo  smettere di aumentare la concentrazione  di  gas serra  nell’atmosfera  e questo  vuol dire limitare  le emissioni.  Quindi questo  è  il  punto di  vista dello scienziato,  perché  è una  relazione molto  chiara  e molto  facile da identificare. Da un punto di vista politico ed economico è  più complicato perché, ovviamente, siamo  notevolmente dipendenti dal combustibile fossile e quindi è difficile eliminare  da un  giorno  all’altro  le emissioni  di  gas serra. Però questo  è  quello che  noi sappiamo  funzionerà, per cui se  il  nostro scopo  è quello  di limitare  l’aumento di  temperatura,  la  direzione  in  cui  dobbiamo  andare è  quella  di ridurre i gas serra, arrivare  alle emissioni  zero,  il prima possibile,  e  questo è  sempre  più  difficile  ogni  anno  che passa,  ma  ancora  ci  dà la  possibilità  di  tornare  a  un clima  tanto freddo come  quello attuale  alla fine del secolo. Però, ovviamente,  ogni anno  che passa abbiamo aggiunto ancora più  energia  al sistema, ancora  più  gas serra. Quindi diventa ancora più  urgente ridurre  i gas serra se il nostro scopo è quello di limitare il riscaldamento.

L’altra  cosa che  diceva è altrettanto  corretta, nel  senso  che  anche se  fossimo virtuosi nella nostra capacità di ridurre i gas serra, anche più  di quanto non siamo al  momento, anche se riuscissimo ad arrivare alle emissioni  zero, nello spazio di pochi  mesi, ciò  nonostante comunque, per i prossimi anni, dovremmo vivere e affrontare un clima  che è fondamentalmente  diverso da un clima in cui la nostra civiltà è  cresciuta, non solo la nostra vita  personale.

È molto verosimile  che il  2023  che è appena trasposto sia  stato  l ‘anno  più  caldo,  sicuramente  l ‘anno  tra i  più  caldi degli ultimi 100  mila  anni.

Questo mette le cose un po’ in prospettiva,   nel  senso  che  il  futuro non sarà sicuramente più fresco  del 2023.  Sarà sensibilmente più  caldo, quindi dobbiamo imparare  a  vivere  in  un  clima  diverso. Questo vuol dire iniziare  a immaginare  un modo di generare cibo, energia,  di spostarci,  di  raffreddare e riscaldare le  nostre  case  e così  via  che è  diverso  da  quello  che abbiamo utilizzato  fino  ad ora. Questo è  l’adattamento  ai  cambiamenti  climatici  di cui tanto si parla e in questo processo non siamo inermi.

Programmi anche come quello che ho la fortuna di dirigere forniscono tonnellate di dati di  grande qualità gratuitamente e in modo aperto a chiunque li voglia utilizzare e come società  io penso  che sia uno dei  compiti che abbiamo, quello di imparare a utilizzare queste informazioni, perché  se  è  vero  che  ci  sono  delle  sorprese, nel 2023 ce ne sono state alcune, è anche vero che  ci sono moltissime  cose  che  sappiamo,  sulle quali abbiamo  dati  affidabili che ancora non stiamo utilizzando abbastanza bene.

Ad  esempio?

Facciamo ad esempio riferimento alle previsioni che fanno gli economisti sull’inflazione o sul tasso  di disoccupazione, che di solito non  sono  molto  precise.  Purtroppo  è  un  sistema  molto  più  complicato  di  quello  climatico,  se  vogliamo, quello  economico.  Non  siamo  in grado di fare previsioni su quello che succede  nel  futuro.

D’altra  parte invece sappiamo  che  il  livello  del  mare il prossimo  anno  sarà  2  millimetri, 2 millim     etri e mezzo più alto di quello di quest’anno.

Ci sono poche cose di cui abbiamo tanta certezza. Una di queste è che sappiamo che la  temperatura  media dei prossimi 10  anni  sarà  sicuramente  più  alta.  E  così  via.  E  questa  informazione  ha  valore,  come  chiunque  operi  nel  mercato  sa  che  qualsiasi  informazione  sul  futuro  ha  un  valore.

Penso però che  come  società  non  stiamo  sfruttando pienamente queste potenzialità.  Se  vediamo  quello  che  ci  avevano  detto  le proiezioni climatiche  di vent’anni fa, vediamo che le  temperature  che  stiamo  vivendo in questi ultimi anni non sono  tanto  diverse da quelle  che  sono state  pronosticate.

Come  società,  non  siamo stati capac     i di utilizzare questa informazione  per  prepararci  meglio,  perché  altrimenti non  avremmo avuto 60.000  morti, secondo alcune stime, per l’ondata  di calore dell’anno  scorso,  ma  ci  saremmo  potuti preparare  meglio  di  così. Questo  si  può  declinare in  moltissimi  casi  specifici,  ma  fondamentalmente  io penso che sia  un  segnale che la società  in  quanto  tale  non  ha  saputo dare  il valore  strategico che l ‘informazione  climatica ha.

Passando  dal  livello  globale  a quello  più  locale,  quindi  alla  situazione  italiana,  come  la  vede  e  come ritiene  la si  potrebbe migliorare  con interventi  pratici? 

Questo forse va      la di là delle mie  competenze specifiche sul clima. L’Italia è un Paese molto ricco di diversità, con una storia  ricca  e  complicata. Forse volendo  fare  un  appello  a uno  spirito  italiano,  se  vogliamo  identificarne uno, nei secoli gli italiani  hanno  sempre avuto  una  capacità  di  capire  come  si  muoveva  il  mondo, e  forse, dicevo,  possiamo  fare  leva su  questa  capacità. Il mio augurio è che gli  italiani, ma non solo loro,  sappiano sfruttare  questa  conoscenza  che  abbiamo  sul  futuro  per  posizionarsi  in  questo  mondo  che  sta cambiando.

Mi sembra che  la  cosa  importante sia vedere l ‘informazione climatica  come  un asset  strategico,  qualcosa  che  sappiamo e che ci può dare informazioni su ciò che  succederà.

Cosa direbbe  agli scettici  e  cosa direbbe  ai  catastrofisti,  sempre  che possiamo  identificare  due figure  di questo tipo?

Un po’ la  stessa  che abbiamo  detto  in  questi  minuti, entrambi sono una  costruzione  in  qualche  modo  emotiva  rispetto alla base  dei  dati. I  catastrofisti pensano  che  non  ci  sia via  di scampo e che siamo  in  una  situazione drammatica  che non  ha futuro,  e gli  scettici pensano  che  sia  soltanto  una  costruzione  dei grandi  poteri internazionali voluta per farci comprar  le  auto elettriche.

Io  penso  che  queste siano  delle costruzioni  sociali e  come  scienziato,  come  persona  che  lavora  sull’interfaccia tra  scienza  e  politica  e  scienza e società, non ritengo che siano l ‘aspetto importante.  Quello che secondo me  è importante è  il fatto che esistono delle evidenze,  dei  dati,  esistono  delle  osservazioni e dei fatti.

E questi  fatti dovrebbero essere interpretati  come  tali,  cioè  di  nuovo: ci sono informazioni che  abbiamo  in questo ambito, si tratta di informazioni affidabili e  lo  continuiamo  a  dimostrare  con le  previsioni  meteorologiche,  che sono  forse  uno degli ambiti  in  cui la nostra  capacità di  prevedere il futuro è avanzata di più.

E  adesso  lo  possiamo  fare  in  qualche  modo  anche per  il  clima. Non possiamo dare dettagli,  non sappiamo  cosa succederà  al  2052 a  Roma o  a  Milano  in  qualsiasi  giorno  dell’anno, però sappiamo che alcune cose cambieranno. Per cui io  penso che a entrambi, tanto al catastrofista quanto allo scettico, varrebbe la pena di ricordare che le informazioni che abbiamo  hanno  valore e che  dovremmo  saperle  sfruttare  meglio, per cui io non  so  se  chiamarlo  empirismo o semplicemente  l’oggettività dei fatti.

Possiamo avere opinioni  diverse,  essendo  in disaccordo  su  molte  cose,  ma  i  fatti sono  fatti, a meno che non  esistano  prove che li confutano.

Carlo Buontempo è direttore del Copernicus Climate Change Service (C3S). Ha conseguito il dottorato di ricerca in fisica presso l’Università dell’Aquila nel 2004 prima di trasferirsi in Canada per il suo post dottorato e poi entrare nel Met Office del Regno Unito. Carlo ha lavorato presso l’Hadley Centre for Climate Science and Services per quasi un decennio, dove ha diretto il team di adattamento climatico e il team di sviluppo dei servizi climatici. In questo ruolo ha guidato numerosi progetti di adattamento ai cambiamenti climatici e di modellazione regionale in Europa, Africa, Asia e Nord America. Prima di diventare direttore del C3S, Buontempo ha sviluppato il sistema informativo settoriale del C3S, aiutando le imprese e i responsabili politici in settori come la finanza, le assicurazioni, l’energia, ecc. con servizi di dati ambientali personalizzati e aggiornati.

In collaborazione con Oggigreen.it

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