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Ambiente, ghiacciai. Persi 2mila miliardi di litri di riserve di acqua in 26 anni. Si spacca in tre il gigante dei Forni

Passo Stelvio
Passo Stelvio

Ghiacciai. L’analisi delle variazioni volumetriche avvenute negli ultimi 26 anni – dal 1981 ad oggi – ha evidenziato un rilascio idrico, considerando solo quelli delle Alpi Centrali, pari a 2000 miliardi di litri, l’equivalente di 800.000 piscine olimpiche e 4 volte il Lago Trasimeno. Un fenomeno particolarmente preoccupante visto l’importante ruolo dei ghiacciai e della loro intensa fusione nel produrre acqua, soprattutto nel periodo estivo, utile a mitigare i periodi di siccità e cruciale per la produzione di energia idroelettrica. Basti pensare che dalla fine dell’agosto 2015, il più grande ghiacciaio vallivo italiano, il “gigante” dei Forni, nel Parco Nazionale dello Stelvio, non è più unitario ma si è spaccato in tre ghiacciai più piccoli -uno vallivo e due montani- con un collasso continuo del suo settore inferiore. Una perdita di non poco conto, considerando che la ricostituzione di un ghiacciaio avviene in tempi molto lenti anche con condizioni climatiche diverse dalle attuali, segnate dal susseguirsi di anni record per il caldo (il 2015 si avvia a essere il 14esimo in fila a battere il record di anno più caldo).

I dati sono stati evidenziati dall’aggiornamento al Nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani presentati ieri nel corso dell’incontro organizzato alla Camera dei Deputati dall’Intergruppo parlamentare per il clima Globe Italia, al quale hanno preso parte, fra gli altri, On. Stella Bianchi, Presidente Intergruppo per il clima Globe Italia, Claudio Smiraglia e Guglielmina Diolaiuti, Università degli studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra (entrambi componenti del Comitato Scientifico Centrale del Club alpino italiano), Umberto Martini, Presidente generale del Club alpino italiano, On. Erminio Quartiani, Vicepresidente generale Club Alpino Italiano con delega all’ambiente, Edoardo Zanchini, Vicepresidente nazionale di Legambiente, Pippo Onufrio, Direttore Greenpeace Italia, Maria Grazia Midulla, Responsabile Clima ed Energia WWF Italia, On. Ermete Realacci, Presidente VIII commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici.
I dati areali più recenti del Catasto dei ghiacciai italiani, realizzato nell’ambito di un progetto sviluppato e coordinato dall’Università Statale di Milano, con la partnership dell’Associazione EvK2CNR e della società Sanpellegrino Spa e con il contributo scientifico del Comitato Glaciologico Italiano, sostanzialmente confermano una generale tendenza al regresso. Infatti dagli anni Sessanta del XX secolo al primo decennio del XXI secolo è avvenuta una riduzione areale del 30% (da 527 kmq a 370 kmq), cui si è aggiunta un’ulteriore contrazione del 5% dal 2007 al 2012. La superficie glaciale persa è confrontabile con quella del Lago di Como ed è conseguente non solo al rimpicciolimento dei ghiacciai ma anche alla completa estinzione di quasi 200 apparati.
In particolare sono proseguiti i fenomeni tipici dell’attuale fase di intensa deglaciazione, cioè la frammentazione dei corpi glaciali (che porta ad un apparente incremento del numero di ghiacciai) e la modificazione tipologica (la transizione da grandi ghiacciai “vallivi”, che scendono cioè fino al fondovalle, a piccoli ghiacciai “montani”, che restano abbarbicati ai pendii più ripidi). In pratica molti ghiacciai negli ultimi anni si sono frammentati in più tronconi, come il ghiacciaio del Lys, uno dei più grandi della Valle d’Aosta, ormai ridotto in tre-quattro unità minori, il ghiacciaio della Lex Blanche, anch’esso in Valle d’Aosta, il ghiacciaio della Ventina in Lombardia, il ghiacciaio del Careser e quello del Mandrone-Adamello in Trentino, la Vedretta Alta e il ghiacciaio di Vallelunga in Alto Adige, solo per citare i più noti.
“I ghiacciai presenti nelle nostre montagne”, commenta Stella Bianchi, Presidente Intergruppo per il clima Globe Italia, “oltre a rappresentare un’importante risorsa idrica, energetica, paesaggistica e turistica, negli ultimi decenni hanno assunto, non solo in ambito scientifico ma soprattutto nell’opinione pubblica, il ruolo di testimoni dei cambiamenti climatici, in particolare dell’attuale fase di riscaldamento globale. In questo contesto è quanto mai importante disporre di strumenti in continuo aggiornamento che permettano di conoscere estensione e variazioni della risorsa glaciale italiana. La consistente e continua riduzione del volume dei ghiacciai nelle nostre Alpi e in ogni altra area ci dice che siamo in emergenza clima: dobbiamo prendere con la massima urgenza le decisioni necessarie a ridurre in modo drastico le emissioni di gas serra e lavorare al successo del vertice Onu di Parigi per restare entro la soglia dei due gradi di aumento della temperatura media globale”.
“Il costante aggiornamento del Catasto”, spiega Claudio Smiraglia, Professore all’Università degli studi di Milano – Dipartimento di Scienze della Terra, “in tempi brevi includerà le criticità presenti sulle Alpi Italiane e connesse alla degradazione dei ghiacciai. Infatti compilando il Catasto, i ricercatori hanno osservato profonde modificazioni che possono avere risvolti non trascurabili su pericolosità e rischio ambientali anche sul fronte del dissesto idrogeologico. Gli scenari futuri del glacialismo italiano, inoltre, basati sull’evoluzione del clima derivante dai modelli climatici, indicano che un’inversione della tendenza in corso è alquanto improbabile e che nell’arco di pochi decenni si potrebbe realizzare un’ulteriore avvicinamento a un paesaggio alpino, più simile ai Pirenei e agli Appennini, ormai quasi totalmente privo di ghiacciai, che sembra il destino inevitabile delle montagne del futuro”.
“Le ricerche scientifiche e le rilevazioni riportate nel Nuovo Catasto dei ghiacciai”, commentano Umberto Martini, Presidente generale del Club alpino italiano ed Erminio Quartiani, Vicepresidente generale, “confermano l’assoluta emergenza in cui si trova il pianeta a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. Da questi effetti bisogna difendersi, sostenendo gli sforzi che alla Conferenza ONU di Parigi COP21 del prossimo dicembre saranno compiuti per definire l’impegno, vincolante per tutti gli Stati e per tutti i popoli, di contenere entro i limiti di 2° C il riscaldamento del nostro pianeta. Anche il CAI in questo ambito è impegnato con le altre 80 associazioni alpinistiche del mondo per mantenere la montagna vivibile e frequentabile”.

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