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Ambiente, il Ministro Costa ha presentato le linee programmatiche

Il Ministro dell'Ambiente Sergio Costa.

Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha presentato in Senato alla Commissione Ambiente (il 5 luglio) le linee programmatiche del dicastero. Sei gli obiettivi principali individuati. Proseguire e rendere più ambiziosa la lotta ai cambiamenti climatici, attraverso la leva di uno sviluppo diverso, basato su una riduzione – fino alla eliminazione – dei fattori inquinanti, specialmente nel settore della mobilità.

Salvaguardare la natura, contrastare la perdita di biodiversità, valorizzare l’acqua come bene comune; impedire il consumo del suolo e prevenire il rischio idrogeologico; assicurare la sicurezza del territorio attraverso la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali e la lotta alle tante terre dei fuochi presenti nel nostro Paese; governare la transizione verso l’economia circolare e rifiuti zero; diminuire, fino ad azzerarle, le infrazioni inflitte al nostro Paese dall’Unione Europea.

Ecco qui di seguito il suo intervento.

Caro Presidente, Cari Senatori,

vi ringrazio per l’opportunità che mi date nel presentare le linee programmatiche del mio Ministero.

Gli impegni e gli obiettivi del lavoro che ho iniziato subito dopo il giuramento seguiranno, nel massimo rispetto, il contratto di governo e le indicazioni che il Parlamento vorrà darmi, nel corso del mio mandato, mediante gli strumenti di indirizzo politico previsti dai regolamenti.

I temi ambientali, è evidente, rappresentano la maggiore sfida che si pone all’uomo che guarda al futuro. Dalle scelte e dai comportamenti di ogni singola persona, di ciascuno di noi cittadini, guidati dalle regole istituzionalizzate nell’ordinamento, dipende il sottile equilibrio tra uomo e ambiente, necessario a salvaguardare la vita di tutti e la sopravvivenza delle prossime generazioni. Nel mio mandato voglio dare mola rilevanza proprio a questo:

a sensibilizzare i cittadini sull’importanza di collaborare tra di loro e con le istituzioni affinché il loro presente e il futuro dei loro figli si aprano alle tematiche verdi, non solo come sfida culturale ma anche come opportunità sociale ed economica.

Affrontare le grandi sfide poste dalla comunità globale è un dovere che ritengo dobbiamo tutti insieme assumerci nei confronti dei più giovani, affinché possano ereditare un mondo più sostenibile e culturalmente più ricettivo alle necessità dell’ambiente.

Dobbiamo avere il coraggio di agire ora, di scegliere oggi per evitare di scaricare sui nostri figli i costi del non-intervento.

La nostra deve essere una scelta ultima e non procrastinabile, dai cui effetti dipende il futuro del pianeta: un dovere intergenerazionale ci impone oggi di scegliere, di collaborare con tutti gli attori della comunità internazionale e di farlo senza alcuna esitazione su tematiche complesse, come:

l’inquinamento e i cambiamenti climatici. Il clima è un bene comune la cui necessità di preservazione ha importanti implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, su cui è necessario sensibilizzare tutti i cittadini. I Paesi sottoscrittori della Convenzione Quadro sulla Lotta ai Cambiamenti Climatici con l’Accordo di Parigi hanno concordato limitazioni volontarie alle emissioni globali di gas per limitare al di sotto dei 2° l’aumento della temperatura, un contributo fattuale per la riduzione degli inquinanti nell’atmosfera che avrà bisogno di essere rafforzato con obiettivi più ambiziosi e vincolanti;
la questione della desertificazione e dell’esaurimento delle risorse naturali, soprattutto dell’acqua. Le stime per il futuro elaborate dal segretariato della Convenzione per la Lotta alla Desertificazione ci dicono che più di un quarto delle terre del pianeta è minacciato da degrado, desertificazione e siccità. Secondo i dati pubblicati ieri dall’ISPRA, sulla base del monitoraggio operato dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, in relazione alle variazioni climatiche in Italia degli ultimi decenni, il 2017 è stato il secondo anno più secco dal 1961. In questo contesto, l’accesso all’acqua, sia per uso domestico sia per fini produttivi, rappresenta un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani ed è nostro dovere garantirlo a tutti i livelli di governo e decisione;
la perdita di biodiversità, rispetto alla quale operano gli strumenti della Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica, è un fenomeno che ci impone uno sforzo collettivo per impedire l’impoverimento degli ecosistemi terrestri e marini a causa dell’intervento umano, troppo spesso indiscriminato. L’IUCN, l’Unione mondiale per la conservazione della natura, ha stimato per il nostro Paese una perdita di specie pari allo 0,5% annuo, con il 20% a rischio estinzione. Le specie animali e vegetali vanno difese e protette in quanto rappresentano risorse inestimabili non solo per l’alimentazione, l’agricoltura o la cura di malattie, ma, soprattutto, in termini culturali;
lo sviluppo sostenibile, obiettivo complesso, articolato a livello internazionale dalle Nazioni Unite nei 17 Obiettivi per lo sviluppo dell’Agenda 2030, ha come fine ultimo quello di sostenere la lotta alle ineguaglianze verso uno sviluppo sociale ed economico più duraturo e capace di assicurare a tutti un mondo più vivibile, sensibile alle problematiche ambientali, funzionale a costruire società pacifiche e inclusive.

Il dialogo e l’accordo di tutti gli attori in campo a livello mondiale è una necessità per contribuire nel migliore dei modi ad affrontare queste sfide, promuovendo politiche di efficienza delle risorse e che si basano su una prospettiva virtuosa di promozione dei principi ambientali e di moltiplicazione delle occasioni di crescita per il sistema Paese. D’altronde, come ha affermato Papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’, “l’umanità è un popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune”.

Si tratta di sfide che l’Italia non può affrontare da sola ma deve saper porre e negoziare in primo luogo in ambito di Unione Europea. Solo se saremo forti e chiari in Europa nel porre le questioni ambientali, potremmo pensare di esserlo a livello mondiale.

Ed è per questo che già durante l’ultimo Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dell’Unione Europea, tenutosi lo scorso 25 giugno a Lussemburgo, ho voluto porre l’attenzione di tutti i colleghi e dei Commissari europei competenti sulla necessità di essere più ambiziosi su tali sfide guardando al futuro.

Pensare verde, ragionare sulle questioni quotidiane in termini di impatto e rilevanza ambientale vuol dire:

proteggere i diritti e la dignità delle persone, come ho sottolineato nel dibattito sulla direttiva sull’acqua pubblica, per difendere l’inviolabile necessità di accesso all’acqua, la cui natura di bene comune è già stata sancita in Italia dal referendum del 2011,
offrire nuove opportunità di sviluppo sociale ed economico alle comunità e soprattutto ai giovani, e riguardo a questo ho ribadito la necessità di accelerare la transizione verso industrie verdi e sostenibili, come nel caso del dibattito sulle emissioni legate al trasporto leggero su cui la proposta italiana è stata quella di incrementare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 delle auto al 40% al 2030, imponendone l’abbattimento del 15% al 2025 e fissando un termine ulteriore al 2035.

Sarà nostro dovere lavorare per migliorare nel prossimo futuro i risultati finora raggiunti, continuare a innescare e favorire processi virtuosi di sviluppo economico sostenibile, basati soprattutto su innovazione, start up e impresa giovanile, anche nelle isole minori, nei piccoli comuni e nelle aree di montagna e collina alta, ricche di risorse naturali e culturali che, nonostante ciò, rimangono gravate da ritardo di sviluppo, spopolamento e invecchiamento della popolazione, con conseguente degrado ambientale e fenomeni di dissesto.

Per questo chiederemo anche in sede europea, come previsto dal contratto di governo, che siano rispettati i limiti indicati dal principio di sostenibilità:

per una risorsa rinnovabile (suoli, acqua, foreste), la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella di rigenerazione;
per una risorsa non rinnovabile la percentuale sostenibile di impiego non può essere maggiore di quella con la quale è possibile rimpiazzarla con una risorsa rinnovabile (ad esempio: investire parte dei profitti per l’adozione di tecnologie produttive con risorse rinnovabili).

L’attenzione sulle sfide internazionali del millennio accompagnerà le scelte della mia azione di governo a livello nazionale per il cui raggiungimento sarà fondamentale sensibilizzare e responsabilizzare ogni singolo cittadino oltre a tutte le istituzioni centrali e periferiche. Da queste considerazioni sul nostro paese Mondo che nascono le politiche nazionali.

Sono 6 le sfide principali, di certo non esclusive, che la comunità globale pone a livello nazionale:

Proseguire e rendere più ambiziosa la lotta ai cambiamenti climatici, attraverso la leva di uno sviluppo diverso, basato su una riduzione – fino alla eliminazione – dei fattori inquinanti, specialmente nel settore della mobilità;
Salvaguardare la natura, contrastare la perdita di biodiversità, valorizzare l’acqua come bene comune;
Impedire il consumo del suolo e prevenire il rischio idrogeologico;
Assicurare la sicurezza del territorio attraverso la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali e la lotta alle tante terre dei fuochi presenti nel nostro Paese;
Governare la transizione verso l’economia circolare e rifiuti zero;
Diminuire, fino ad azzerarle, le infrazioni inflitte al nostro Paese dall’Unione Europea.

Il primo obiettivo concerne la lotta ai cambiamenti climatici attraverso la leva di uno sviluppo diverso basato sulla riduzione fino alla eliminazione dei fattori inquinanti, specialmente nel settore della mobilità.

Nelle strategie nazionali di sviluppo economico deve considerarsi prioritaria l’adozione di strumenti normativi efficaci a promuovere una sempre maggior diffusione di modelli di sviluppo sostenibile, la ricerca, l’innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico, opportunità per le giovani generazione di ripensare il loro futuro.

La lotta ai cambiamenti climatici dovrà passare dall’implementazione di politiche verdi, come ad esempio:
lo sviluppo del lavoro ecologico e rinascita della competitività del nostro sistema industriale, con l’obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza;
attuare norme di sburocratizzazione ambientale;
il coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni a tutti i livelli nella promozione del cambiamento “verde” e diventare un riferimento per l’adozione di buone pratiche, migliori tecniche e standard;
l’utilizzo di fondi rotativi per il supporto delle politiche pubbliche e degli investimenti, come ad esempio per l’elettrico pubblico;
implementare misure per incentivare l’efficientamento energetico degli edifici. Gli immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro. In questo senso deve essere orientata anche l’edilizia residenziale pubblica;
rendere operativo il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica;
adottare e sostenere presso tutte le sedi, anche internazionali, obiettivi più ambiziosi e vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi: entro il 2030 taglio delle emissioni del 40% in UE.
Puntare sulla mobilità sostenibile:
avviare un percorso finalizzato alla progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina, al fine di ridurre il numero di veicoli inquinanti e contribuire concretamente al conseguimento e miglioramento degli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi;
supportare in tal senso l’individuazione di incentivi all’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici e alla mobilità sostenibile, nonché interventi per accelerare la transizione alla produzione energetica rinnovabile e spingere sul risparmio e l’efficienza energetica in tutti i settori;
introdurre o sperimentare ulteriori azioni di accompagnamento, quali ad esempio meccanismi premiali per l’incentivazione dei mezzi a bassissime emissioni, applicando la regola comunitaria del “chi inquina paga” (con appositi meccanismi di incentivazione e disincentivazione);
infrastrutture più adeguate e rafforzamento della presenza sul territorio del sistema di infrastrutture di ricarica dei mezzi elettrici e ibridi;
incentivare lo sviluppo delle reti ciclabili urbane ed extra urbane e di un sistema di bike-sharing capace di integrare differenti sistemi di mobilità su ferro e su gomma:
promuovere l’ammodernamento delle linee ferroviarie locali, in quanto la ferrovia dovrà essere in grado di rivestire nuovamente il ruolo di principale sistema di trasporto ad alta densità in quanto, attualmente, rappresenta l’unica soluzione di mobilità sostenibile per le medie e lunghe percorrenze, contribuendo ad alleviare i problemi di congestione dei pendolari, di sicurezza e di pressione ambientale.
Contrastare l’inquinamento, con particolare attenzione alla qualità dell’aria:
Saranno perseguite tutte le azioni opportune a porre rimedio al mancato rispetto dei limiti imposti dalle norme comunitarie in materia di qualità dell’aria, relativamente al materiale particolato PM10 e al biossido di azoto NO2;
saranno predisposti ulteriori accordi sia con le Regioni più attive sul tema qualità dell’aria (Umbria e Toscana), sia con quelle maggiormente problematiche (Lazio, Sicilia e Campania), al fine di individuare ulteriori misure di risanamento e garantire un percorso omogeneo e condiviso di riduzione delle emissioni;
sarà rafforzata la collaborazione con gli altri Ministeri responsabili di settori che producono emissioni (trasporti, agricoltura e sviluppo economico), al fine di coordinare le politiche rispettivamente intraprese con un’ottica più integrata con le esigenze della tutela della qualità dell’aria;
predisposizione del programma di controllo delle emissioni nazionali per gli inquinanti biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx), composti organici volatili non metanici (COVNM), ammoniaca (NH3) e polveri PM2,5 da raggiungere entro il 2020 e il 2030 secondo quanto previsto dalla direttiva 2016/2284/UE, cosiddetta direttiva NEC (National Emission Ceilings);
Migliorare il coordinamento delle azioni di sostegno a tutti i livelli di governo:
armonizzando i rapporti tra lo Stato e le Pubbliche Amministrazioni e rafforzando le autonomie e i presidi territoriali più efficienti e i modelli più avanzati e rispettosi dell’ambiente, valorizzandone le professionalità e le risorse migliori
sperimentazione di diverse azioni di accompagnamento, quali ad esempio meccanismi premiali per l’incentivazione dei mezzi a bassissime emissioni, applicando la regola comunitaria del “chi inquina paga”;
avvio di un nuovo programma di mobilità sostenibile rivolto agli enti locali, con utilizzo dei fondi provenienti dalle Aste CO2.
Rafforzare il lavoro sulle valutazioni e autorizzazioni ambientali:
concretizzare i criteri di salvaguardia ambientale, secondo i migliori standard mondiali a tutela della salute dei cittadini dei comprensori ad alto rischio;
proteggere i livelli occupazionali e promuovere lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica che preveda le necessarie bonifiche, lo sviluppo della green economy e delle energie rinnovabili e dell’economia circolare;
operare una revisione complessiva delle opere infrastrutturali di interesse nazionale in prospettiva di sostenibilità ambientale, che deve rappresentare un faro illuminante;
individuazioni di esperti tecnici per la gestione delle valutazioni e delle autorizzazioni ambientali;
implementazione di strumenti per la trasparenza e la partecipazione dei cittadini alle procedure di valutazione ambientale;
realizzazione dell’inventario degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante ex D.Lgs. 105/2015 e dell’inventario delle principali sorgenti e trasferimenti di inquinanti.

Il secondo obiettivo riguarda la salvaguardia della natura, il contrasto alla perdita dalla biodiversità, alla valorizzazione dell’acqua come bene comune.

I parchi nazionali e tutte le aree protette rappresentano un capitale ambientale su cui investire, sia in termini sociali sia in termini di ricerca sia, per quanto possibile, in termini economici legati alla sostenibilità. Devono rappresentare una risorsa per i giovani e per tutti i cittadini e non devono essere percepiti come un ostacolo scomodo alla propria quotidianità. Al fine di raggiungere lo scopo di attivare un rapporto virtuoso tra uomo e ambiente, gli interventi relativi a questa priorità tematica agiranno su diverse linee d’azione.

Salvaguardare la biodiversità assicurando una migliore e più coordinata gestione delle aree protette, ponendo rimedio alle lacune dell’attuale organizzazione, operando per:
attivare percorsi di educazione ambientale per sensibilizzare i cittadini sull’importanza di un rapporto virtuoso con la natura, rendendo più e meglio accessibili le aree protette (anche ai diversamente abili);
riformare la legge 394/1991, cd. Legge quadro sulle aree protette, per rafforzare il concetto centrale della “conservazione della natura” nell’ambito di un modello innovativo che valorizzi anche le realtà territoriali per un forte sviluppo ecosostenibile;
stabilire piante organiche per gli Enti parco e una nuova governance, introducendo i parametri di contabilità ambientale ed ecologica nel bilancio;
attuare la rete Natura 2000, completando la designazione delle Zone Speciali di Conservazione e rafforzandone l’integrazione, anche sotto il profilo giuridico, con i parchi nazionali e le altre aree protette;
favorire attraverso progetti speciali la deframmentazione degli habitat e la nascita di corridoi ecologici;
attivare azioni di videosorveglianza per la prevenzione e il contrasto degli incendi nelle aree protette;
provvedere ad una forte collaborazione istituzionale con gli altri ministeri ed enti coinvolti per la revisione del Testo Unico Forestale secondo una visione ambientale e non solo economica;
rinforzare la pianta organica dei Carabinieri forestali con un piano di assunzioni straordinarie;
maggiore contrasto al bracconaggio e introdurre espressamente gli atti di bracconaggio nella fattispecie dei “delitti a danno della fauna” all’interno del codice penale, con particolare riguardo alle aree protette;
monitorare l’andamento delle specie selvatiche a rischio, sulla base degli studi realizzati da Ispra e dal mondo scientifico e ambientalista, al fine di intervenire con azioni dirette volte a tutelare il patrimonio faunistico e floristico a rischio e ridurre gli impatti causati dall’uomo;
attuare il Piano Lupo per tutelare l’ecosistema, i cittadini e gli allevatori;
tutelare gli animali da compagnia e favorire il benessere degli animali, anche attraverso nuove agevolazioni fiscali;
favorire la promozione delle aree protette italiane nei sistemi internazionali di patrimonalizzazione dell’UNESCO, attraverso un aumento della loro capacità di fruibilità e un adeguato miglioramento dei servizi offerti ai visitatori, anche attraverso la valorizzazione delle tradizioni e delle conoscenze tradizionali delle comunità dei parchi nazionali.
Proteggere il mare attraverso:
promozione di misure per limitare il marine litter e per il recupero dei rifiuti in mare, anche con il coinvolgimento dei pescatori, e per una sensibilizzazione attiva sul tema dei cittadini;
attuazione della rete Natura 2000, completando la designazione della rete dei siti a mare;
potenziamento delle Aree marine protette;
introduzione di nuove norme sulla tutela del mare e nuove procedure per l’autorizzazione alla raccolta della plastica in mare. Penso in questo caso alla disponibilità dei pescatori e alle isole ecologiche portuali, modificando opportunamente il Codice dell’Ambiente;
aggiornamento delle procedure per il controllo e la prevenzione degli impatti sugli ambienti marini mediante il rilascio di autorizzazioni, pareri e nulla osta previsti dalla normativa vigente;
emanazione di indirizzi generali e criteri per la difesa della costa a livello nazionale per adeguare la pianificazione di bacino sulla difesa della costa;
proseguimento del servizio finalizzato alla prevenzione e alla lotta agli inquinamenti marini da idrocarburi lungo le coste italiane;
rinforzare la pianta organica del Corpo delle Capitanerie di Porto con un piano straordinario di assunzioni.
Garantire l’accesso all’acqua quale bene comune e diritto umano universale, anche attraverso gli strumenti normativi europei:
appoggiando la proposta di direttiva sulla qualità delle acque per il consumo umano, che nasce da una mobilitazione popolare senza precedenti, con quasi 2 milioni di cittadini europei intervenuti per chiedere all’Unione di garantire un accesso sufficiente all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutti”;
promozione del governo pubblico e partecipativo dell’intero ciclo integrato dell’acqua. I privati coinvolti nella fornitura, gestione e distribuzione dell’acqua dovrebbero essere adeguatamente monitorati dalle autorità competenti e il pubblico dovrebbe avere accesso a tutte le informazioni e i dati ambientali;
incentivare l’uso di sistemi per ridurre sprechi e dispersioni attraverso l’introduzione di nuove tecnologie già in uso in alcune parti del Paese e sensibilizzando l’opinione pubblica sulle problematiche relative all’inquinamento e alla dispersione delle acque;
diminuire le categorie di persone prive di accesso all’acqua, specificando che l’erogazione di un quantitativo minimo vitale non può essere sospesa;
investimenti sul servizio idrico integrato di natura pubblica, applicando la volontà popolare espressa nel referendum del 2011, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica, garantendo la qualità dell’acqua, le esigenze e la salute di ogni cittadino.

In relazione al terzo obiettivo, quello del contrasto allo spreco del suolo e al dissesto idrogeologico, è mia intenzione avviare una serie di interventi diffusi in chiave preventiva di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo, anche come volano di spesa virtuosa e di creazione di lavoro nelle aree a forte rischio, oltre che azioni per responsabilizzare il cittadino sui rischi connessi alla tutela del territorio.

Al riguardo sono felice di notare che per iniziativa di parlamentari di diverso colore politico è ripresa la discussione, interrottasi con la fine della scorsa legislatura, di un provvedimento che insista su tale tematica. Penso che il contrasto del consumo del suolo e la prevenzione del rischio idrogeologico potranno essere realizzati attraverso diverse azioni, tra cui:

Introdurre nel nostro ordinamento una serie di regole certe e durature finalizzate a prevenire il consumo e lo spreco del suolo:
fermare il consumo di suolo attraverso un’adeguata politica di sostegno che promuova la rigenerazione urbana;
promuovere azioni di sostegno alle iniziative per rilanciare il patrimonio edilizio esistente, favorendo il retrofit degli edifici;
introdurre il bilancio ecologico comunale.
Dare nuovo impulso alle misure di contrasto del dissesto idrogeologico attraverso azioni di prevenzione che comportino interventi diffusi di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo su aree ad alto rischio, oltre ad una necessaria attuazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico:
riportando in capo al Ministero dell’Ambiente la diretta competenza sul tema che nell’ultima legislatura era stata ceduta a una struttura di missione dislocata presso la Presidenza del Consiglio. Abbiamo già posto rimedio a questa asincronia attraverso le norme contenute nel decreto-legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 2 luglio 2018, che permetteranno al Ministero dell’Ambiente di recuperare tale funzione, evitando gli ulteriori costi per la finanza pubblica richiesti dalle strutture create ad hoc dai precedenti governi presso la Presidenza del Consiglio;
sbloccando i fondi rotativi per la tutela idrologica del territorio e garantendo il necessario supporto nella progettazione degli interventi prioritari per la mitigazione del rischio tramite accordi di programma attuati dai Presidenti di regione in qualità di Commissari di Governo;
ammodernando l’infrastruttura hardware e software del Geoportale Nazionale per la prevenzione dei rischi, da inserire nel più ampio sistema europeo presso la Presidenza del Consiglio;
prestando particolare attenzione allo stato di salute dei boschi come strumenti di prevenzione dei rischi idrologici, anche di concerto con il MIPAAF (vedi TUF);
attivando processi di tutela sperimentale dei corsi d’acqua e dei fiumi;
coordinando l’attività delle Autorità Distrettuali nella valutazione preliminare del rischio di alluvioni e nell’individuazione delle aree a potenziale rischio significativo per garantire elaborati omogenei a livello nazionale, nonché l’aggiornamento delle mappe di pericolosità e rischio di alluvioni entro dicembre 2019.

Il quarto obiettivo concerne la sicurezza del territorio e della prevenzione e contrasto dei danni ambientali e lotta alle tante terre dei fuochi presenti nel nostro Paese.

Garantire a ogni singolo cittadino una vita migliore in un ambiente salubre che gli permetta di non ammalarsi per cause dovute alla gestione criminale dei rifiuti è un dovere che non può passare in secondo piano. Per raggiungere tale obiettivo ho in programma l’attuazione di diverse iniziative: penso anzitutto a due questioni:

Rafforzamento delle misure già previste nell’ordinamento per prevenire e reprimere i reati ambientali, attraverso una parziale riforma della legge 68/2015, finalizzata a:
inasprire la risposta sanzionatoria per i reati ambientali contravvenzionali già previsti dalla legge. Penso in particolare agli articoli 256 e 259 del Codice dell’Ambiente;
prevedere il sequestro e la confisca dei beni frutto di reati ambientali, come già previsto dall’ordinamento per i beni acquisiti dalla criminalità organizzata tramite attività illecite – una sorta di confisca allargata;
applicare il Daspo, ovvero un ordine di allontanamento, fino a 2 anni, nei confronti di chi si rende responsabile di trasporto abusivo, abbandono, sversamento e combustione illecita di rifiuti nei pressi di istituti scolastici, luoghi di cultura, parchi pubblici, mercati, siti turistici, ferrovie, aeroporti e stabilimenti balneari o nelle campagne;
introdurre la possibilità di arresto in flagranza differita per gli illeciti ambientali più gravi;
inasprire le previsioni relative al delitto di combustione illecita di rifiuti e roghi tossici;
riorganizzare il sistema e le competenze di polizia ambientale, al fine di rafforzare le attività di indagine riguardanti la protezione boschiva, la protezione del paesaggio, il settore riguardante i rifiuti, la protezione degli animali di affezione, selvatici o esotici e la repressione e la prevenzione dei reati ambientali;
prevedere il sequestro dei beni per chi inquina e ritiene di non pagare.
Implementare l’attività di contrasto alle ecomafie e alle terre dei fuochi che esistono non solo al sud ma su tutto il territorio nazionale, operando a livello normativo, con la logica e il meccanismo del chi inquina paga”, in maniera tale da:
riformare la governance sulla Terra dei fuochi prevista dal decreto-legge 136 del 2013, portando la competenza in capo al Ministero dell’Ambiente, tematica su cui stiamo già intervenendo con le previsioni del decreto-legge varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 2 luglio;
rivedere i meccanismi di governo e gli strumenti di messa in sicurezza e bonifica ambientale, soprattutto per le discariche cd. “orfane”, sbloccando i fondi fermi al Ministero e a Palazzo Chigi secondo criteri di rigorosa trasparenza;
introdurre nuove procedure per il riconoscimento dei suoli su cui poter attivare interventi di monitoraggio e analisi;
allargare il modello campano alle altre situazioni allarmanti per altri interventi in altre zone d’Italia.

Il quinto obiettivo prende in considerazione l’implementazione di azioni che si collochino in una strategia di economia circolare, anziché lineare, con l’obiettivo di medio-lungo periodo di rifiuti zero e di una revisione del ciclo dei rifiuti e delle misure anti-inquinamento.

La sfida culturale con cui i cittadini sono chiamati a misurarsi mette in discussione i parametri sociali ed economici della contemporaneità: per questo deve essere sostenuta e accompagnata da scelte di politiche pubbliche misurate, capaci di guidarli e sensibilizzarli in maniera non coercitiva.

Tra le prime azioni del mio mandato ho lanciato da subito la campagna “plastic free”: ritengo doveroso che in tutte le amministrazioni pubbliche sia bandito l’uso di plastica, specialmente monouso. Le pubbliche amministrazioni devono essere da esempio di sostenibilità e di cultura ambientale per fornire ai cittadini una guida e un modello di riferimento.

Sarei felice che anche questa Assemblea accetti la medesima sfida e si proponga quale modello.

Per i medesimi obiettivi, si procederà a:

Favorire l’economia circolare, intesa quale sistema ambientale ed economico in cui un bene è utilizzato, diventa rifiuto, e poi, a valle di un procedimento di recupero, cessa di essere tale per essere riutilizzato quale materia seconda per la produzione di un nuovo bene, attraverso:
progettazione di beni e fiscalità premianti per chi produce beni riciclabili e riutilizzabili;
ricorso alla raccolta domiciliare;
azioni contro lo spreco alimentare;
realizzazione di centri di riparazione e riuso dei beni utilizzati;
introduzione della banca dell’Usato.
Rivedere il ciclo dei rifiuti e il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, anche nel senso della circolarità economica, prevedendo:
incentivazione alla filiera corta di gestione, con il recupero di materia del compost per ridurre i fertilizzanti chimici e l’irrigazione;
forte riduzione del rifiuto prodotto, con una crescente percentuale di prodotto riciclato e contestualmente una drastica riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica ed incenerimento, fino ad arrivare al graduale superamento di questi impianti, adottando metodi tecnologicamente avanzati ed alternativi;
introdurre norme per ridurre drasticamente l’utilizzo della plastica monouso, anche per legge, soprattutto presso le pubbliche amministrazioni;
riduzione del sistema degli imballaggi alla fonte con aiuti al produttore e al consumatore (IVA e crediti di imposta);
revisione delle norme sulla tracciabilità dei rifiuti speciali, ad esempio per gli pneumatici;
aggiornamento delle linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi e rafforzamento attività di vigilanza e monitoraggio sulla gestione dei rifiuti su base regionale, con coinvolgimento diretto delle prefetture;
interscambio informativo tra ISPRAA e il Sistema Nazionale a rete per la protezione dell’ambiente con il Sistema delle Polizie Ambientali Nazionali;
definizione di un modello di governance complessiva sulla gestione dei dati della tracciabilità dei rifiuti a livello nazionale in accordo con tutti gli attori coinvolti, anche in vista della realizzazione di una banca dati per la gestione, elaborazione e fruibilità delle informazioni contenute nei documenti digitali indicati, funzionale all’adozione di politiche di sviluppo;
confronto e riorganizzazione dei Consorzi nazionali per il riciclaggio dei rifiuti mirato ad un’attenta verifica degli obiettivi di riciclaggio raggiunti nonché al coordinamento di azioni volte al contrasto dei fenomeni illeciti legati al traffico nazionale e internazionale dei rifiuti;
potenziamento dei controlli sulle importazioni ed esportazioni di rifiuti anche attraverso la revisione del Piano nazionale delle Ispezioni.
Riformare la normativa sull’amianto:
creazione di una cabina di regia unica presso il Ministero dell’Ambiente;
implementazione delle attività di rilevazione e bonifica;
previsione di specifiche agevolazioni per le attività di bonifica e individuazione dei siti di trattamento in accordo con le Regioni;
rafforzamento delle azioni a supporto di soggetti pubblici e privati per incentivare gli interventi di Bonifica Amianto – Fondo Progettazione e Credito d’Imposta;
avvio di “INFO AMIANTO”, sistema web-based per la gestione dei procedimenti amministrativi relativi ad aree contaminate da amianto;
avvio di “ASBESTO 2.0 (Amianto in Superficie e Bonifica degli Edifici Scolastici mediante uso di tecnologie di Telerilevamento Ottico).

Il sesto e ultimo obiettivo riguarda la riduzione, fino all’azzeramento, delle infrazioni inflitte al nostro Paese dall’Unione Europea.

L’attività di monitoraggio, controllo e risoluzione delle procedure di infrazione avrà carattere rilevante: l’obiettivo è quello di proseguire e migliorare il percorso virtuoso di contrazione delle procedure di infrazione a carico del nostro Paese, passate complessivamente dalle 117 del 2014 alle 59 di oggi. 13 di queste, ovvero circa il 22%, sono di natura ambientale, afferenti in particolare alle tematiche dell’inquinamento dell’aria, dei rifiuti e del trattamento delle acque reflue urbane. Sulla questione delle infrazioni e sulla loro natura potremo soffermarci in una successiva audizione per fare insieme il punto complessivo.
Al fine di incidere maggiormente sulle politiche dell’Unione, vi anticipo che è mia intenzione, secondo quanto previsto dalla legge 234 del 2012, istituire una specifica task force, coordinata dall’Ufficio di Gabinetto con il contributo dell’ufficio legislativo e di un referente per ciascuna direzione generale e, ove opportuno, un rappresentante delle Regioni coinvolti dalla procedura di infrazione, per seguire ogni procedura e stabilire una road map con tempi certi per la sua soluzione, anche attraverso l’esercizio del potere sostitutivo.

Le priorità individuate come linee programmatiche per il mio mandato spero possano diventare oggetto di un dialogo proficuo e virtuoso con tutti voi, a prescindere dal colore politico, al fine di migliorare il nostro ordinamento e di conseguenza la vita dei cittadini e dare l’opportunità ai giovani di ereditare un mondo più sicuro e verde, fini ultimi del mio mandato.

A tal proposito seguirò con vivo e costante interesse le attività di questa Commissione, le cui priorità recentemente da voi individuate trovano riscontro anche nei temi da me sviluppati in precedenza. Ad esempio, le proposte di legge sul contenimento del consumo del suolo e del riuso del suolo edificato, come anche quella finalizzata a vietare la plastica monouso destinata alla ristorazione, o ancora quella relativa all’economica circolare o alle innovazioni in materia di auto-recupero del patrimonio immobiliare sono argomenti su cui potrà esserci un confronto produttivo e uno scambio reciproco di idee per approvare norme condivise e durature per il futuro. Seguirò con attenzione anche il dibattito sulle misure urgenti per il completamento della cartografia geologica d’Italia e della micro-zonazione sismica, che trova piena corrispondenza nelle politiche di prevenzione del rischio idrologico ritenute da me prioritarie per prevenire i disastri naturali, come anche la proposta di legge quadro sulle isole minori, ecosistemi fragili che necessitano di alti livelli di salvaguardia ambientale e presso cui si concentrano molte delle aree marine protette del nostro Paese.

So che gli obiettivi che vi ho illustrato sono molto ambiziosi e su questi vi chiedo, e spero, di avere il vostro massimo supporto e la vostra massima condivisione.

Sono, però, consapevole che per realizzare tutto ciò è necessario prima di tutto ripensare il Ministero dell’Ambiente come amministrazione pubblica prima ancora che come strumento di governo politico. Si deve infatti affrontare con la massima urgenza la questione del personale in servizio presso il Ministero. Ho trovato personale di eccellente qualità ma ampiamente sottovalutato, i cui compensi sono nettamente inferiori ai colleghi che negli altri Ministeri svolgono le medesime funzioni. In questi ultimi vent’anni c’è stato un accanimento verso il Ministero dell’Ambiente che ha portato a svuotare sempre di più i compiti e le dotazioni del Ministero, demotivando ancora di più il personale in servizio e spingendo molti a lasciare l’Amministrazione. Proprio su questo punto, mi propongo di lavorare per realizzare quanto previsto dal Patto per l’ecologia proposto dalle associazioni ambientaliste in campagna elettorale, firmato non solo dalle forze di maggioranza che sostengono questo Governo ma da tutte le forze politiche presenti oggi in Parlamento. È per questo che vi chiedo, a prescindere dalla vostra appartenenza politica, di supportare le battaglie che farò per quanti lavorano e vorranno lavorare al Ministero e che saranno individuati, per la prima volta, mediante concorsi pubblici. Sottolineo per la prima volta perché, in 32 anni di vita, al Ministero dell’Ambiente non sono mai stati banditi concorsi. Non esiste un ruolo tecnico. Non vi sono state modalità di ingresso volte a selezionare il personale. Come prima cosa dobbiamo, quindi, consentire un grande concorso pubblico per potenziare il Ministero. Al tempo stesso dobbiamo ripensare gli stipendi del personale in servizio, penso soprattutto ai funzionari, per consentire loro di essere al medesimo livello dei loro colleghi.

È solo attraverso il lavoro, la fatica, l’impegno e la passione delle donne e degli uomini che lavorano e lavoreranno al Ministero dell’Ambiente che potranno essere raggiunti quegli obiettivi ambiziosi che vi ho esposto precedentemente. Le buone idee camminano sempre sulle gambe delle persone: se le persone non sono motivate o sono troppo poche, quelle idee non vedranno mai la luce.

C’è, infine, una seconda sfida che mi aspetta e che, ancora una volta, coinvolge voi direttamente. È la sfida della legalità e della trasparenza. Occorre che il Ministero dell’Ambiente sia una casa di vetro in cui tutto sia visibile e comprensibile. Occorre che qualsiasi cittadino possa conoscere gli interessi che interloquiscono con il Ministero e capire, di conseguenza, come si è formata la decisione pubblica. La spirale negativa va interrotta ed è necessario un cambio di passo che capovolga il paradigma e renda il Ministero il luogo in cui si forma l’interesse generale. Questo è il modo, a mio avviso, in cui la politica potrà recuperare credibilità e mostrare a tutti di essere davvero al servizio della collettività. Per parte mia ho già iniziato a seguire queste regole e nei prossimi giorni vi informerò circa una serie di obblighi di trasparenza che mi sono imposto e che ho imposto a tutti i miei collaboratori.

È per questi obiettivi, con queste consapevolezza e per queste sfide che ho accettato l’incarico di Ministro. Ed è per gli stessi motivi che vi chiedo di assicurarmi il massimo supporto.

 

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