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Clima, la Camera ratifica l’accordo di Parigi

La Camera ha oggi approvato il disegno di legge “Ratifica ed esecuzione dell’Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015” (C. 4079-A). Il provvedimento passa ora all’esame del Senato.
Un po’ di storia: nel 1992 è stata adottata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, «Convenzione UNFCCC», il cui obiettivo è quello di stabilizzare le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da escludere qualsiasi pericolosa interferenza delle attività umane sul sistema climatico.

In particolare, i Paesi industrializzati elencati nell’allegato I alla Convenzione hanno l’obbligo di adottare misure di mitigazione e di comunicare, a intervalli costanti, informazioni dettagliate sulle politiche e sulle misure da attuare e sugli scenari di riduzione (articolo 4, paragrafo 2, della Convenzione UNFCCC). La Convenzione UNFCCC è stata ratificata dall’Italia con la legge 15 gennaio 1994, n. 65. Nel 1997 è stato quindi adottato il Protocollo di Kyoto, che fissa per i Paesi industrializzati l’obiettivo di ridurre almeno del 5 per cento le emissioni complessive di gas a effetto serra rispetto ai valori del 1990, per il periodo dal 2008 al 2012, (articolo 3, paragrafo 1, del Protocollo) e richiede di non superare la quantità massima di quote di emissione assegnate nell’allegato B al Protocollo, rispettivamente, a ognuno di questi Paesi (allegato I della Convenzione UNFCCC).
L’Italia ha ratificato il Protocollo di Kyoto con la legge del giugno 2002, n. 120. Gli Stati membri dell’Unione europea hanno attuato gli impegni congiuntamente, come consentito dall’articolo 4 del Protocollo.
Nel dicembre 2012, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Doha, le Parti del Protocollo di Kyoto hanno adottato il cosiddetto emendamento di Doha, che prevede un secondo periodo di impegno, dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2020, con un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni per le Parti elencate nell’allegato I alla Convenzione UNFCCC.
Nel dicembre 2015, in occasione della Conferenza sui cambiamenti climatici tenutasi a Parigi, e sulla base del mandato di Durban (dicembre 2011), le Parti della Convenzione hanno adottato l’Accordo di Parigi, finalizzato a regolare ulteriormente le emissioni di gas a effetto serra, individuate quali maggiori responsabili dell’aumento della temperatura del pianeta.
L’Accordo di Parigi è un trattato internazionale sui cambiamenti climatici, giuridicamente vincolante, nell’ambito del quale ogni Parte assumerà impegni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dal 2020, o anche prima se l’entrata in vigore lo permetterà.
L’Accordo di Parigi è così articolato:

I. Obiettivi dell’Accordo (articoli 2 e 3)
II. Misure di mitigazione (articolo 4)
III. Foreste e agricoltura (articolo 5)
IV. Meccanismi di mercato (articolo 6)
V. Adattamento e perdite e danni (articoli 7 e 8)
VI. Finanza per il clima (articolo 9)
VII. Sviluppo e trasferimento tecnologico (articolo 10)
VIII. Capacity building, educazione e coinvolgimento del pubblico (articoli 11 e 12)
IX. Trasparenza (articolo 13)
X. Revisione globale degli impegni (articolo 14)
XI. Conformità agli obiettivi (articolo 15)
XII. Entrata in vigore dell’Accordo (articolo 21)

I. Obiettivi dell’Accordo. L’Accordo regola la mitigazione e, per la prima volta, anche l’adattamento e il supporto finanziario per il clima. L’obiettivo di lungo termine dell’Accordo per la mitigazione è contenere l’aumento della temperatura ben al di sotto dei 2° C e proseguire l’azione volta a limitare l’aumento di temperatura a 1,5° C rispetto ai livelli pre-industriali.
Saranno inoltre rinforzate le capacità di adattamento e la resilienza climatica e i flussi finanziari saranno resi coerenti con un percorso che conduca a uno sviluppo a basse emissioni di gas a effetto serra e resiliente al clima. Tutte le Parti dovranno comunicare e intraprendere sforzi ambiziosi garantendo una progressione collettiva nel tempo.

II. Misure di mitigazione. In relazione all’obiettivo di mitigazione, i Paesi puntano a raggiungere il picco globale delle emissioni quanto prima e a ridurre rapidamente le proprie emissioni al fine di pervenire a un equilibrio tra emissioni e assorbimenti nella seconda parte del secolo. Ogni Paese deve preparare, comunicare e mantenere successivi contributi nazionali di mitigazione, da comunicare al momento della ratifica e ogni cinque anni. I contributi volontari già presentati saranno riconosciuti automaticamente, a meno che il rispettivo Paese decida diversamente. Pertanto, l’Accordo di Parigi, a differenza del Protocollo di Kyoto, non ha un allegato di natura vincolante in cui siano definiti gli obblighi di riduzione dei gas a effetto serra a carico delle Parti. I contributi vengono invece determinati a livello nazionale e in autonomia ma, una volta notificati dal Paese al momento della ratifica, diventano impegni vincolanti per la Parte allo stesso modo degli obblighi del Protocollo di Kyoto.
Ogni contributo nazionale deve costituire un avanzamento rispetto agli sforzi precedenti. Inoltre, si definiscono modalità per allineare i tempi di attuazione dei contributi di mitigazione. In progressione, i contributi di ogni Paese dovranno coprire tutti i settori dell’economia.

III. Foreste e agricoltura. Le Parti sono incoraggiate a intraprendere azioni volte alla conservazione o all’aumento delle riserve di carbonio degli ecosistemi, comprese le foreste, quale strumento di mitigazione e di adattamento, utilizzando gli strumenti già disponibili nell’ambito della Convenzione, come il REDD (Riduzione della deforestazione e degrado forestale e promozione della gestione sostenibile delle foreste nei Paesi in via di sviluppo).

IV. Meccanismi di mercato. È istituito un meccanismo di mercato quale azione di cooperazione allo scopo di: ridurre le emissioni di gas a effetto serra; alzare gli obiettivi e promuovere lo sviluppo sostenibile nel rispetto dell’integrità ambientale. La prima sessione della Conferenza delle Parti dell’Accordo di Parigi dovrà adottare modalità e procedure per il nuovo meccanismo di mercato.

V. Adattamento e perdite e danni. È stato stabilito un obiettivo globale per aumentare la capacità di adattarsi, aumentare la resilienza e ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti climatici. Tutti i Paesi devono impegnarsi per attuare i piani e le azioni di adattamento; a tale fine i Paesi in via di sviluppo riceveranno supporto internazionale. Si riconosce l’importanza di evitare, ridurre al minimo e affrontare le perdite e i danni associati ai cambiamenti climatici, con un richiamo al meccanismo di Varsavia istituito nell’ambito della Convenzione UNFCCC nel dicembre 2013.

VI. Finanza per il clima. Uno degli obiettivi fondamentali dell’Accordo è ottenere una trasformazione delle economie rendendo, nel lungo periodo, tutti i flussi finanziari compatibili con la traiettoria di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il supporto finanziario sarà fornito dai Paesi industrializzati come continuazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione, con un’apertura al supporto volontario da parte degli altri Paesi. Lo sforzo di mobilitazione delle risorse sarà globale e verrà effettuato da parte di tutti i Paesi, con il ruolo di guida dei Paesi sviluppati, e sarà realizzato mediante una varietà di risorse e strumenti finanziari. Viene dato particolare rilievo alla necessità di bilanciamento del supporto per le azioni di mitigazione e adattamento, riconoscendo per quest’ultimo l’importanza dei fondi pubblici.
Inoltre, per quanto riguarda la finanza per il clima nel periodo antecedente il 2020, il paragrafo 115 della decisione 1/CP.21 richiede la creazione di un chiaro percorso da parte dei Paesi sviluppati per il raggiungimento dell’obiettivo dell’erogazione di 100 miliardi di dollari al 2020, stabilito dagli accordi di Copenhagen del 2009.
Per il periodo successivo al 2020, il paragrafo 54 della medesima decisione prevede la prosecuzione degli obblighi collettivi di supporto finanziario da parte dei Paesi sviluppati sul livello di almeno 100 miliardi di dollari all’anno fino all’anno 2025, nonché la revisione dell’obiettivo finanziario collettivo entro il 2025, a partire da 100 miliardi di dollari all’anno sulla base delle necessità e priorità dei Paesi in via di sviluppo. Infine, il sistema di trasparenza e, quindi, di comunicazione e monitoraggio dei flussi finanziari dai Paesi industrializzati ai Paesi in via di sviluppo viene fortemente rafforzato prevedendo l’invio di informazioni qualitative e quantitative biennali (ex ante) relative al supporto finanziario, comprese, se disponibili, proiezioni sui livelli di fondi pubblici diretti verso i Paesi in via di sviluppo, oltre all’invio di informazioni trasparenti e coerenti (ex post) sul supporto finanziario fornito e mobilitato mediante fondi pubblici.

VII. Sviluppo e trasferimento tecnologico. L’Accordo condivide una visione a lungo termine che riconosce l’importanza di rafforzare lo sviluppo e il trasferimento di tecnologie per migliorare la resilienza ai cambiamenti climatici e ridurre le emissioni di gas a effetto serra attraverso l’istituzione di un nuovo quadro di indirizzo per il meccanismo tecnologico.

VIII. Capacity building, educazione e coinvolgimento del pubblico. È stata ribadita l’importanza di rafforzare e proseguire le attività di capacity building per i Paesi in via di sviluppo. Le Parti devono adottare misure per rinforzare l’educazione, la sensibilizzazione, l’accesso alle informazioni e la partecipazione del pubblico riguardo ai cambiamenti climatici.

IX. Trasparenza. L’Accordo stabilisce un quadro migliorato per la trasparenza (monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni), che richiede ai Paesi di riferire sui loro progressi nell’attuazione dei rispettivi piani di mitigazione, dell’adattamento e del supporto finanziario, da sottoporre a revisione indipendente e valutazione multilaterale. Si riconoscono margini di flessibilità per venire incontro alle diverse capacità delle Parti dell’Accordo. Tale sistema è essenziale per monitorare i progressi dei singoli Paesi e per tracciare l’avanzamento verso l’obiettivo collettivo. Dal momento che i punti di partenza delle Parti sono molto diversi, l’Accordo prevede anche una specifica iniziativa per rafforzare le capacità dei Paesi che ne hanno necessità, per permettere di costruire le istituzioni e le professionalità tecniche necessarie alla partecipazione graduale di tutte le Parti dell’Accordo al sistema di trasparenza unificato e migliorato.

X. Revisione globale degli impegni. Un esercizio di revisione globale deve periodicamente esaminare i progressi collettivi verso il raggiungimento dell’obiettivo di lungo termine. La prima revisione, per valutare quanto sarà stato fatto, avrà luogo nel 2023 e successivamente ogni cinque anni, in modo da guidare e ispirare la preparazione, l’aggiornamento e il rafforzamento dei successivi contributi nazionali.
La revisione globale sarà preceduta da un dialogo facilitativo che avrà luogo nel 2018.

XI. Conformità agli obiettivi. L’Accordo istituisce un Comitato di facilitazione e controllo che monitorerà gli sforzi dei Paesi e li assisterà, se necessario, nell’attuazione degli impegni.

XII. Entrata in vigore dell’Accordo. L’Accordo di Parigi entrerà in vigore quando almeno cinquantacinque Stati avranno depositato lo strumento di ratifica e la copertura delle emissioni globali raggiungerà il 55 per cento (quindi con la partecipazione dei maggiori emettitori, ossia Cina, Stati Uniti d’America, Unione europea, India, Russia, Giappone, Brasile).
Il 6 marzo 2015, in ottemperanza alle pertinenti decisioni della Convenzione UNFCCC e in vista dell’adozione dell’Accordo di Parigi, l’Unione europea e gli Stati membri hanno comunicato un impegno di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990. L’obiettivo di riduzione europeo del -40 per cento, come definito a livello politico dalle conclusioni del Consiglio europeo del 23-24 ottobre 2014, è composto da una riduzione del 43 per cento rispetto al 2005 per i settori ETS (emission trading scheme) a livello comunitario e del 30 per cento rispetto al 2005 sugli altri settori (agricoltura, trasporti, civile, residenziale, rifiuti eccetera) da dividere tra gli Stati membri (cosiddetto effort sharing). 

Come per il Protocollo di Kyoto, anche per l’Accordo di Parigi l’Unione europea e i suoi Stati membri hanno optato per l’adempimento congiunto, ai sensi dell’articolo 4, paragrafi da 16 a 18, dell’Accordo stesso; pertanto, all’atto di depositare lo strumento di ratifica, saranno tenuti a notificare un accordo di attuazione congiunta (cosiddetto joint fulfillment agreement) che definisce chiaramente gli impegni dei singoli Stati. Tale accordo sarà dettagliato sulla base del Pacchetto al 2030, allo stato in fase di definizione.
Con decisione del Consiglio dell’Unione europea n. 590 dell’11 aprile 2016 è stata autorizzata la firma dell’Accordo di Parigi da parte dell’Unione europea. L’Accordo di Parigi è stato successivamente firmato dall’Italia in data 22 aprile 2016 a New York, unitamente all’Unione europea e agli altri Stati membri.

Nei giorni scorsi è stata superata la soglia richiesta per l’entrata in vigore, compresi i sì di Stati Uniti e Cina

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