La crisi climatica non solo rallenterà la crescita, ma aggraverà anche il divario delle condizioni economiche del Sud Italia rispetto al resto del Paese, con un aumento della disuguaglianza regionale stimato del 60% nella seconda metà del secolo.
E’ una delle conclusioni alle quali giunge la Relazione 2019 sullo stato della green economy, che sarà presentata in apertura degli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente e con il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico e della Commissione Europea a Ecomondo il 5 novembre.
Le proiezioni contenute nello studio evidenziano una dicotomia nord-sud in cui le regioni meridionali e le isole maggiori riportano perdite del 5-15% nel 2050 e del 5-25% nel 2080, al nord si registreranno spiccate perdite nelle aree del veneziano. Si nota anche, seppur meno marcata, una dicotomia tra aree adriatiche e tirreniche, con le prime meno impattate delle seconde.
“I temi della crisi climatica e dell’ambiente – ha osservato Edo Ronchi, del Consiglio Nazionale della Green Economy e Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile – sono oggi al centro di un dibattito pubblico e sui media come mai in passato. Il nuovo governo ha posto fra le priorità programmatiche un Green New Deal: una proposta che gli Stati Generali della Green Economy sostengono da qualche anno come via per affrontare congiuntamente la crisi climatica e il rilancio dello sviluppo sostenibile dell’Italia basato sulla green economy. Lo studio sugli impatti economici della crisi climatica vuole contribuire a meglio definire le ragioni della green economy per un Green New Deal”.
Secondo lo studio i danni economici maggiori in Italia sarebbero quelli causati dalle alluvioni; quelli all’agricoltura per una variazione delle produzioni e una diminuzione delle rese; quelli arrecati al turismo per le ondate di calore, l’avanzamento dell’erosione delle spiagge, la mancanza di neve in montagna, la frequenza degli eventi atmosferici estremi. Inoltre i costi dei consumi di energia elettrica per il raffrescamento continueranno a crescere e anche quelli, di più complessa quantificazione, sanitari per l’aumento delle patologie legate all’aumento delle temperature.
Il cambiamento climatico indotto dall’azione umana rappresenta una delle grandi minacce e delle grandi sfide di questo secolo. Pur non essendo fra le aree più povere e vulnerabili, l’Italia è tuttavia, per la sua collocazione mediterranea, uno dei Paesi europei più esposti alla crisi climatica, un vero e proprio “hot spot” del clima. Proseguendo con il trend attuale di emissioni, l’Italia rischia di avere perdite di alcuni punti percentuali di Pil già a metà secolo e fino al 10% di Pil nella seconda metà del secolo, pari circa 130 miliardi di euro l’anno.