Le linee programmatiche del Dicastero sono state illustrate ieri dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti nel corso dell’audizione in commissione Ambiente della Camera.
Tra i punti approfonditi nel corso dell’Audizione, le bonifiche e la gestione delle risorse idriche. Dal documento:
Una politica che rivendica la centralità ambientale deve partire dal recupero di quei pezzi del paese che piu’ pesantemente sono stati segnati dall’inquinamento e compromessi dall’uso civile e produttivo con la bonifica dei siti contaminati e la riparazione dei territori danneggiati dall’inquinamento.
L’utilizzo di queste aree, interessate per lo più da vecchi insediamenti industriali, può, infatti, prevenire ed evitare l’urbanizzazione e la trasformazione di terreni a vocazione agricola, naturalistica o per il tempo libero. Oltretutto, si tratta di aree che spesso si trovano ormai in centri urbani e la loro stessa valorizzazione può favorire l’attuazione di interventi di bonifica.
Per questo ritengo importantissimo accelerare ulteriormente l’iter di approvazione e realizzazione dei progetti di bonifica nei siti inquinati di interesse nazionale, anche con l’adozione di specifici interventi normativi e di aggiornamento della regolamentazione tecnica, ove si dovesse ritenere necessario.
Occorrerà, allo stesso tempo, introdurre semplificazioni che individuino con chiarezza gli obiettivi da conseguire e le modalità per conseguirli. Il tema è anche rilevante per le politiche di sviluppo: importanti aree delle nostre città sono, infatti, vincolate dalla gestione della normativa delle bonifiche.
In questo contesto, così, intenderei favorire e promuovere quelle tecnologie che rappresentano la sfida sul fronte dell’innovazione e che consentirebbero all’Italia di giocare una partita importante, in particolare per quanto riguarda la filiera connessa alla “chimica verde”, cioè alla sostituzione della matrice da olio della petrolchimica tradizionale con una matrice biologica, che spesso coinvolge aree oggetto di bonifiche nei Siti di Interesse Nazionale (SIN).
Su questo in Italia abbiamo la competenza necessaria e, si ritiene, l’interesse di privati disponibili ad investire.
Un ruolo importante potranno assumere la stipula di accordi di programma, il cui schema di riferimento può individuarsi nell’Accordo di Programma per la Bonifica di Marghera, il quale ha introdotto efficaci elementi di semplificazione procedurale e ha facilitato la conclusione dei procedimenti di bonifica, incentivando e agevolando le operazioni di investimento in tali aree.
E’ comunque necessario rifinanziare il Programma Nazionale di Bonifica.
E’ noto che negli ultimi anni la disponibilità di risorse del Ministero dell’ambiente destinate agli interventi di bonifica nelle aree SIN (Siti di Interesse Nazionale) si è drasticamente ridotta, e che le risorse derivanti dal “Programma nazionale di bonifica” sono largamente insufficienti.
Altro tema centrale è quello che concerne la gestione delle risorse idriche Serve un’enorme sforzo per l’adeguamento dei sistemi depurativi e per la realizzazione di interventi di salvaguardia delle risorse stesse.
In questo campo, è necessario puntare a modelli innovativi di gestione integrata del ciclo delle acque che riguardino non solo gli usi civili, ma anche quelli agricoli e industriali, che ne costituiscono la componente prevalente.
Occorrono risorse per completare il Piano di depurazione per il Sud finanziato dal Cipe e per attuare un Piano di depurazione per il Centro Nord. Risulta necessario, pertanto, individuare forme di sostegno agli investimenti e di garanzia, a partire dal ruolo della Cassa Depositi e Prestiti.
Per tradurre gli obiettivi comunitari in un’azione organica per la tutela e la valorizzazione del patrimonio idrico, è mia intenzione promuovere un “Piano nazionale di tutela e gestione della Risorsa Idrica”, che traduca finalmente le risultanze referendarie in criteri e vincoli per una gestione efficiente, efficace ed economicamente sostenibile della risorsa “acqua”, anche al fine di chiudere le procedure di infrazioni avviate nei confronti dell’Italia e evitare che la Commissione Europea apra altri casi.
Facilitare l’accesso e tutelare il diritto individuale al “bene pubblico, acqua”, ridurre gli sprechi, affrontare i problemi derivanti dalle alterazioni climatiche: sono queste alcune delle priorità che andranno affrontate attraverso un approccio pianificatorio unitario e integrale che coinvolga le Regioni sin dalla fase di impostazione della pianificazione stessa.
In affiancamento al “Piano” di cui ho accennato, si è valutata la possibilità di promuovere una iniziativa aperta denominata “Water Report”, fondazione pubblica promossa dal Ministero dell’ambiente e partecipata dai principali istituti di ricerca nazionali, che svolga una puntuale attività di ricerca e analisi, e pubblichi, periodicamente, un dettagliato report sviluppando approfondimenti sulla qualità delle gestioni e valutando la loro conformità a standard predeterminati e fissati in una “Carta Nazionale dei Servizi Idrici”.
Al fine di tutelare il territorio e le risorse idriche dall’inquinamento, è parimenti indispensabile sostenere tutte le iniziative necessarie a costituire un ciclo virtuoso di gestione dei rifiuti, che rispetti gli obiettivi della differenziazione della raccolta e del riutilizzo degli scarti.
In particolare, nei territori interessati da particolari criticità, la misura più rapida e più efficace per consentire una inversione di tendenza è costituita dall’incremento della raccolta differenziata legata a un ciclo economico per il riciclo e il recupero dei materiali. Non si ritiene che sul punto servano disposizioni a carattere speciale: la normativa già c’è. Spesso è carente, piuttosto, l’organizzazione e la gestione a livello locale.
Voglio dirlo con chiarezza: è il momento che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Il ministero dell’Ambiente non può nominare continuamente commissari per supplire a carenze gestionali di altri.
Occorre poi affrontare il tema dell’impiantistica, nella consapevolezza che si tratta di soluzioni tecnologiche consolidate che spesso generano, tuttavia,diffidenze e paure ingiustificate che riguardano l’annosa questione della localizzazione degli impianti finali di smaltimento. Una criticità “sistematica” che potrà essere superata solo sperimentando forme di partecipazione più avanzate, disegnate sul modello di esperienze ormai consolidate in altri paesi europei.
Ciò consentirebbe di capire perché le soluzioni tecnologiche che funzionano in città modello per la sostenibilità ecologica, a livello internazionale, come Vienna, Amsterdam, Brescia o Milano, che presentano un inceneritore nel centro della città, risultano improvvisamente non applicabili in altre aree, ove la necessità di realizzare impianti per la chiusura del ciclo di gestione dei rifiuti è parimenti ritenuta necessaria.
Altra iniziativa da adottare, per rendere efficienti i servizi, riguarda l’interruzione del rapporto deteriore che esiste tra inadeguatezza strutturale del servizio ed insolvenza degli utenti.
Il dissesto finanziario è, infatti, una costante di molte aziende pubbliche e private, coinvolte nel circolo vizioso dell’insolvenza degli utenti che rende alla fine difficoltosa per l’impresa l’acquisizione dei mezzi, tecnici e organizzativi, necessari per la fornitura del servizio con gli adeguati standard richiesti.
Più in generale, i punti salienti dell’iniziativa del Governo sui rifiuti dovrebbero riguardare:
a) la revisione della tassa sui rifiuti, nella logica di introdurre elementi di certezza e proporzione tariffaria che oggi nel sistema normativo Tarsu, TIA e Tares, per come si è venuto configurando, non appare garantito;
b) l’adeguamento del sistema di riscossione;
la definizione di piani condizionati di rinegoziazione e rientro del debito, come è successo in materia sanitaria, con il sostegno e l’assistenza della Cassa Depositi e Prestiti , per l’eventuale anticipazione dei flussi futuri accertati;
d) lo studio di forme di prelazione nel pagamento dei debiti della P.A. verso le imprese che operano nei servizi essenziali che, come nel caso della gestione dei rifiuti, impattano con la salute dei cittadini.
Per quanto attiene i due ultimi punti, stiamo già studiando, anche in collaborazione con il Ministero dell’interno e la Cassa Depositi e Prestiti, adeguate modalità di rientro del debito e di recupero dei crediti, garantendo attraverso i comuni le anticipazioni finanziarie necessarie ad assicurare la continuità e la qualità del servizio.
L’altra opzione strategica sulla quale agire è costituita dalla prevenzione, il riciclo e il riuso.
Il Programma di prevenzione adottato dal Ministero è solo il punto di partenza di una complessa attività di implementazione delle misure che possono favorire la minore produzione di rifiuti.
Per favorire il riciclo e il recupero, è mia intenzione favorire e promuovere le attività imprenditoriali che riutilizzano dei beni di consumo – e con ciò intendo l’industria del recupero, i negozi dell’usato e dello scambio – e residui di produzione, allo scopo di ridurre al minimo l’utilizzo di nuove risorse naturali.
Occorrerà in prospettiva abbandonare, o comunque ridurre al minimo, l’uso delle discariche per passare da una società dello smaltimento a una società del recupero. L’industria del riciclo va promossa con programmi di acquisti verdi da parte della pubbliche amministrazioni, sostenendo la ricerca applicata e l’innovazione, e rivedendo, se necessario, gli accordi con i Consorzi per il riciclaggio degli imballaggi.
Occorrerà intervenire anche nel settore dei rifiuti urbani, così come in quello idrico, dell’energia e dei trasporti, per una moderna regolazione economica di comparti che sono chiamati ad investimenti per decine di miliardi di euro nei prossimi anni.
Rifiuti, dunque, non più solo come un problema da gestire ma come una risorsa economica da riutilizzare riducendo l’impatto sulle risorse naturali e, quindi, applicando quanto dispone la direttiva europea che individua le priorità nella riduzione, riuso, riciclo, recupero di materia e di energia, lasciando che solo la quota minima residuale vada in discarica.
Alla gestione dei rifiuti è legato profondamente, specie in alcune aree del paese, il tema della legalità.
E’ frequente, infatti, che i disastri ambientali e la contaminazione dei terreni e delle acque siano cagionati proprio da attività illecite di smaltimento di ingenti quantità di sostanze pericolose. La settimana scorsa, in visita alla “terra dei fuochi” ho parlato di territorio
“stuprato” di cui tutto il paese deve assumersi la responsabilità del risanamento.
In quelle campagne non sono stati interrati solo rifiuti pericolosi campani ma provenienti da tutta Italia, in un sistema che consentiva smaltimenti “facili” e senza sostanziali controlli.
Al riguardo, ritengo prioritario accrescere il rispetto della legalità, in tutti i settori, attraverso un’efficace lotta alla corruzione e all’inserimento nel nostro codice penale dei reati ambientali.
E proprio a tal fine, è indispensabile portare a conclusione l’iter di approvazione del disegno di legge governativo, attualmente all’esame della Camera, che prevede l’introduzione nel codice penale di nuove fattispecie di reati ambientali e di illeciti amministrativi ambientali.
Non meno importante in questa direzione è la conferma di un sistema di tracciabilità dei rifiuti. Il SISTRI è al centro, com’è noto, di inchieste giudiziarie che potrebbero fare emergere profili di violazioni contrattuali. Su questo tema sarà necessario un approfondimento. In questa sede intendo però ribadire che l’esigenza della tracciabilità è forte e presente proprio perché non vogliamo che si ripetano tragedie ambientali come quella della “terra dei fuochi”.