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Plastica in mare, allarme di Greenpeace

L'inquinamento causato dalla plastica che finisce in mare è visibile a tutti, ma non tutti sanno che sono proprio i frammenti di plastica più piccoli quelli più pericolosi.

Greenpeace ha pubblicato oggi un nuovo rapporto – “La plastica nel piatto, dal pesce ai frutti di mare” – sull’impatto delle microplastiche su pesci, molluschi e crostacei, oltre che sui rischi di contaminazione di tutta la catena alimentare, dal mare alle nostre tavole.
La presenza di frammenti di plastica negli oceani è un problema noto da tempo e, fa notare Greenpeace, sempre più drammatico. Mentre la produzione globale di plastica aumenta in modo esponenziale – erano 204 tonnellate nel 2002, 299 tonnellate nel 2013 – i nostri mari sono sempre più inquinati e la salute degli organismi marini sempre più a rischio.

L’inquinamento causato dalla plastica che finisce in mare è visibile a tutti, ma non tutti sanno che sono proprio i frammenti di plastica più piccoli quelli più pericolosi: a causa delle ridotte dimensioni – diametro o lunghezza inferiore ai 5 mm – le microplastiche possono essere involontariamente ingerite da un numero enorme di organismi e possono assorbire più contaminanti tossici (a parità di peso) dei frammenti di maggiori dimensioni.
Come nascono la microplastiche? Possono essere state prodotte dall’industria (come le microsfere utilizzate in molti prodotti cosmetici o per l’igiene personale) o derivare dalla degradazione in mare di oggetti di plastica più grandi per effetto del vento, del moto ondoso o della luce ultravioletta.
Gli organismi marini possono ingerirle in diversi modi: gli organismi filtratori, come le cozze, le vongole e le ostriche, possono semplicemente contaminarsi con l’acqua che filtrano per nutrirsi, mentre i pesci possono ingerirle sia direttamente, scambiandole per prede, che attraverso il consumo di prede contaminate. In entrambi i casi le conseguenze sono gravi: possono verificarsi lesioni negli organi dove avviene l’accumulo o trasferimento di contaminanti tossici dai frammenti di plastica ai tessuti degli organismi che li ingeriscono.
Inoltre la contaminazione può risalire la catena alimentare e arrivare dritta sulle nostre tavole. Gli studi scientifici che riguardano il possibile effetto tossicologico generato dall’ingestione di cibo contaminato con microplastiche nell’uomo sono ancora agli albori, ma il rischio che attraverso l’alimentazione si possano ingerire microplastiche è assai concreto soprattutto nel caso dei molluschi, che sono consumati interi.
“La situazione è grave e occorre agire subito applicando il principio di precauzione. Chiediamo al Parlamento di adottare al più presto il bando alla produzione e uso di microsfere di plastica nel nostro Paese: su iniziativa dell’associazione Marevivo è stata già presentata una proposta di legge. Si tratta di una misura necessaria per fermare al più presto il consumo umano di questi materiali.”

Il briefing del rapporto in italiano

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