Un nuovo paradigma – più sostenibile, equo e inclusivo – per la misurazione delle emissioni di CO2 delle auto private, non più basato sulla classe Euro del motore ma sulla rilevazione del comportamento puntuale del singolo veicolo.
È questa la visione del The Urban Mobility Council (TUMC), il Think Tank nato nel 2022 su iniziativa del Gruppo Unipol – presentata il 5 dicembre a Bruxelles nella sede del Parlamento Europeo da Matteo Laterza, AD di UnipolSai, e Sergio Savaresi, Direttore del Dipartimento Elettronica Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano, ospiti dell’On. Giuseppe Ferrandino (Renew Europe). Presenti, l’On. Maria Veronica Rossi, membro della Commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare del Parlamento europeo, l’On. Massimiliano Salini, membro della Commissione per i trasporti e il turismo del Parlamento europeo, l’On. Patrizia Toia membro della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento europeo, e Dario Dubolino Policy Officer, Commissione europea, DG MOVE.
L’iniziativa, organizzata dal TUMC, si inserisce in un momento cruciale per la politica sulla mobilità, all’indomani dell’adozione delle ultime due proposte legislative del pacchetto “Fit For 55%1”, nel contesto della COP 28 e nel giorno che precede la “Giornata dei trasporti dell’UE”.
Una proposta che si sposta dall’Italia al Parlamento europeo per portare un contributo al dibattito europeo e internazionale sul ruolo dei trasporti nella lotta al cambiamento climatico, tenendo in considerazione gli impatti sociali connessi all’elettrificazione dei veicoli con il supporto dei risultati della ricerca E-Private Mobility Index2 , realizzata in collaborazione con il Politecnico di Milano. Questi prevedono come, nei prossimi anni, circa il 70% di auto a motore endotermico non potrà essere sostituito dall’auto elettrica per diverse ragioni: autonomia di percorrenza, ricariche, costi di produzione e quindi di vendita, etc.
In questo scenario di “convivenza” tra auto elettriche e auto a motore endotermico, i risultati sperimentali emersi dalla ricerca “Greenbox: l’uso della telematica per un nuovo paradigma di sostenibilità”, evidenziano che non tutte le auto Euro 4 sono da rottamare, e non tutte le Euro 6 sono virtuose.
I risultati della ricerca si basano sulle analisi di emissione di un campione di 3.000 veicoli immatricolati su tutto il territorio nazionale nell’anno 2022. I veicoli sono suddivisi in tre classi identiche di 1.000 auto per ciascun motore Euro 4, Euro 5 ed Euro 6; le percorrenze analizzate sono medio-alte (>15.000km/anno), sia fuori che dentro alle zone metropolitane, in modo che l’attività di mobilità sia significativa.
Dal campione dei 1000 veicoli Euro 4 e dei 1000 Euro 6 (la classe a priori ”peggiore” e quella ”migliore” di questa analisi) risulta, in maniera non sorprendente, che le emissioni medie totali effettive di CO2 degli Euro 4 per anno (4.350kg) sono superiori di circa il 20% rispetto a quelle medie degli Euro 6 (3650 kg).
Viceversa, mettendo a confronto le emissioni effettive (e non medie) dei mille veicoli Euro 4 ed Euro 6, la ricerca mostra che il 26% dei veicoli Euro 4 emette meno CO2 rispetto ad altrettanti veicoli Euro 6.
La differenza è ancora più marcata se si passa ad un confronto tra un veicolo ad ”alte emissioni” Euro 6 con uno a ”basse emissioni” Euro 4: un veicolo Euro 6 “ad alte emissioni” emette fino a 6 volte più CO2 di un veicolo Euro 4 a “basse emissioni”.
E ancora, un’analisi puntuale delle percorrenze nel solo contesto urbano, evidenzia che un veicolo Euro 6 ad ”alte emissioni” emette fino a 10 volte di più di un veicolo Euro 4 a ”basse emissioni”.
L’impatto ambientale dipende, dunque, da come e quanto viene utilizzata l’automobile, ma per catturare questa significatività occorre passare da un modello basato sulla centralità della classe di motore Euro a un modello veicolo-centrico in cui l’individuo diventa protagonista consapevole del proprio ruolo nella emissione di CO2.
Il guidatore è, infatti, determinante nella quantità di emissioni prodotte dal veicolo: lo stile di guida, la velocità media, i km percorsi, sono tutte variabili in grado di influenzare in modo significativo le emissioni dell’auto. In particolare, una velocità di percorrenza troppo elevata o troppo bassa genera, a parità di altre condizioni, una crescita significativa di emissioni di CO2.
Tale modello permetterebbe, inoltre, di non limitare la mobilità delle persone a priori rispetto a una classe di motore Euro, ma renderebbe possibile misurare il contributo effettivo di ciascuna autovettura per la sostenibilità ambientale del pianeta, rispetto a una normativa in essere che richiede un upgrade della classe Euro.
Attraverso l’uso delle scatole nere – che, nella nuova visione, assurgerebbero al ruolo di green box – il modello misura, infatti, la creazione di effetto serra di ogni singolo veicolo (CO2), sulla base – oltre che delle specifiche tecniche del motore – del tipo di strada che si percorre, del chilometraggio, della velocità media e dello stile di guida. Una misurazione che potrebbe facilmente essere estesa ad altre variabili come, ad esempio, gli inquinanti (per i centri urbani), o l’occupazione di suolo pubblico o la rischiosità per le persone.
In conclusione, la proposta è quella di un nuovo paradigma per la misurazione delle emissioni di CO2 del parco circolante di auto private; un modello one to one in grado di misurare l’impatto ambientale effettivo di ogni singolo veicolo, ponendo al centro dell’analisi non solo il motore dell’auto ma anche il guidatore.
È un nuovo paradigma, sostengono i promotori, che si pone inoltre l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno, che non obbliga alla rottamazione di un’auto in ragione del suo motore purché i km che percorre siano limitati e il suo stile di guida sia “green”. Una logica in cui si rende necessario che ciascuna auto sia dotata di una box dedicata e certificata, indissolubilmente legata al veicolo, e che ogni automobilista accetti che il suo stile di guida ed i chilometri percorsi siano misurati.